Scudo fiscale Adesione non prova la residenza

Pubblicato il 01 ottobre 2016

L'adesione allo scudo fiscale non prova che il contribuente risieda in Italia. L'aver acceduto alle condizioni dello scudo non può essere considerato come un atto di autodichiarazione, o autodenuncia, della propria residenza italiana, dal momento che il contribuente può produrre prova contraria per superare la presunzione prevista per legge.

Questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19484 del 30 settembre 2016.

La Suprema Corte interviene a dirimere un contenzioso tra il motociclista Max Biaggi e l'Agenzia delle Entrate, che aveva notificato un avviso di accertamento per recuperare a tassazione dei redditi riferiti all’anno 2003, sul presupposto della natura fittizia della residenza estera. Il motociclista ha, però, fatto ricorso contro la decisione della Ctr Lazio, che aveva fatto scattare un automatismo tra presentazione dell'istanza di adesione allo scudo fiscale e prova di residenza in Italia.

Dichiarazione di emersione non è autodichiarazione di residenza fiscale in Italia

Con la sentenza n. 19484/2016, la Corte di Cassazione sancisce che i criteri per la determinazione della residenza fiscale in Italia sono esclusivamente quelli indicati nell’articolo 2 del Tuir (che individua tre presupposti in via alternativa), ma tale disciplina è, però, completamente estranea alla presentazione dell'autodenuncia per lo scudo.

Perciò secondo la Corte è errato attribuire allo scudo fiscale una natura decisiva di “autodichiarazione” della propria residenza fiscale e ciò solo sulla considerazione che i destinatari dell’istituto fossero soltanto soggetti residenti, con l'effetto della acquisizione, da parte del dichiarante, della residenza in Italia, né quello di privarlo, per una sorta di implicita rinuncia, del diritto alla prova contraria, convertendo la presunzione in certezza.

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