Scioglimento di comunione ereditaria in presenza di fabbricati abusivi

Pubblicato il 08 ottobre 2019

Le Sezioni Unite civili di Cassazione hanno depositato un’articolata decisione in tema di scioglimento della comunione, sia ordinaria che ereditaria, in presenza di fabbricati abusivi.

Scioglimento comunione tra gli atti tra vivi 

Secondo il Collegio di legittimità, lo scioglimento della comunione, che sia ordinaria o ereditaria, deve ritenersi ricompreso tra gli atti tra vivi per i quali è comminata la sanzione della nullità se non risultino gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria.

E’ la prima conclusione resa dalle Sezioni Unite nel testo della sentenza n. 25021 del 7 ottobre 2019.

Nullità senza concessione

In proposito, gli Ermellini hanno affermato il principio di diritto ai sensi del quale gli atti di scioglimento delle comunioni ordinarie relativi ad edifici, o a loro parti, sono soggetti alla comminatoria della sanzione della nullità prevista dall'articolo 40, comma 2, della Legge n. 47/1985 per gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali relativi ad edifici realizzati prima della entrata in vigore della Legge n. 47/1985 “dai quali non risultino gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ovvero ai quali non sia unita copia della domanda di sanatoria corredata dalla prova del versamento delle prime due rate di oblazione o dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che la costruzione dell'opera è stata iniziata in data anteriore al 10 settembre 1967”.

A loro volta – continua la Suprema corte - anche gli atti di scioglimento della comunione ereditaria sono soggetti alla comminatoria della sanzione della nullità, prevista dall'art. 46, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001 e dall'art. 40, comma 2, della Legge n. 47/1985, “per gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali relativi ad edifici o a loro parti dai quali non risultino gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria”.

Ma non solo. Nella lunga decisione sono stati formulati ulteriori principi di diritto.

Fabbricato abusivo non divisibile, divisione su altri beni

E’ stato anche chiarito, così, che quando sia proposta domanda di scioglimento di una comunione (ordinaria o ereditaria), il giudice non può disporre la divisione che abbia ad oggetto un fabbricato abusivo o parti di esso, in assenza della dichiarazione circa gli estremi della concessione edilizia e degli atti ad essa equipollenti.

La regolarità edilizia del fabbricato costituisce condizione dell'azione ex art. 713 del Codice civile, sotto il profilo della "possibilità giuridica".

In detto contesto, la pronuncia del giudice non può realizzare un effetto maggiore e diverso rispetto a quello che è consentito alle parti nell'ambito della loro autonomia negoziale.

E la mancanza della documentazione attestante la regolarità edilizia dell'edificio e il mancato esame di essa da parte del giudice sono rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio.

Nel caso, quindi, in cui tra i beni costituenti l'asse ereditario vi siano edifici abusivi, ogni coerede ha diritto, ai sensi all'art. 713, primo comma, cod. civ., di chiedere e ottenere lo scioglimento giudiziale della comunione ereditaria per l'intero complesso degli altri beni ereditari, con la sola esclusione degli edifici abusivi, anche ove non vi sia il consenso degli altri condividenti.

Espropriazione di beni indivisi o nel fallimento? Niente nullità

Per finire un'ultima precisazione: lo scioglimento della comunione (ordinaria o ereditaria) relativa ad un edificio abusivo che si renda necessario nell'ambito dell'espropriazione di beni indivisi (divisione c. d. "endoesecutiva") o nell'ambito del fallimento (ora, liquidazione giudiziale) e delle altre procedure concorsuali (divisione c. d. "endoconcorsuale”), è invece sottratto alla comminatoria di nullità prevista per gli atti di scioglimento della comunione aventi ad oggetto edifici abusivi.

Questo, in forza delle disposizioni eccettuative di cui all'art. 46, comma 5 del d.P.R. n. 380 del 2001 e all'art. 40, commi 5 e 6, della legge n. 47 del 1985.

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