L’esenzione fiscale ex Legge n. 74/1987, prevista per gli atti ed i documenti relativi ai procedimenti di separazione personale dei coniugi e di divorzio, si estende senz'altro alle unioni civili tra omosessuali - per il fatto che esse siano state parificate dalla Legge n. 76/2016 al matrimonio “ordinario” - ma non anche allo scioglimento delle convivenze di fatto, seppur registrate all'anagrafe e contrattualizzate con pattuizione stipulata dai conviventi.
E’ questo, in sintesi, quanto emerge dallo Studio n. 31 – 2017/T, con cui il Consiglio Nazionale del Notariato ha inteso fornire una guida operativa a tutti i Notai chiamati ad intervenire nella soluzione di crisi coniugali, nelle unioni civili e nelle convivenze di fatto. Il tema per l’appunto affrontato è l’applicabilità o meno dell’art. 19 Legge n. 74/1978, secondo cui tutti gli atti inerenti al procedimento di scioglimento e di cessazione degli effetti civili del matrimonio sono esenti da imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa; beneficio che si estende anche ai procedimenti volti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni divorzili.
Orbene, secondo il Consiglio del Notariato, è pacifico che la suindicata esenzione fiscale trovi applicazione anche a tutti gli atti relativi allo scioglimento delle unioni civili, sia quando il procedimento “si articoli in forme prettamente giurisdizionali”, sia laddove “si svolga secondo forme para-giurisdizionali, come appunto la negoziazione assistita”.
Situazione diversa, invece, per quanto riguarda lo scioglimento delle convivenze di fatto, che sono state anch'esse regolamentate dalla Legge n. 76/2016, ma non – a differenza delle unioni civili – per quanto riguarda le modalità di scioglimento. Sicché non esiste alcun procedimento né alcuna tutela giurisdizionale a cui i conviventi possano accedere per porre rimedio ad un’eventuale crisi del loro legame. Per questo motivo – si legge ancora nello Studio - estendere l'esenzione da ogni tributo agli atti con cui i conviventi regolamentano i propri rapporti patrimoniali, anche in vista di una eventuale chiusura del legame, “allo stato attuale non pare operazione concettualmente possibile, in assenza di un espresso intervento legislativo o almeno della prassi amministrativa in tal senso”.
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