In tema di immigrazione clandestina, la giurisdizione nazionale è configurabile anche nel caso in cui il trasporto del migranti – avvenuto in violazione dell’art. 12 D.Lgs 286/1998 a bordo di una imbarcazione priva di bandiera e, quindi, non appartenente ad alcuno Stato – sia stato accertato in acque extraterritoriali ma, successivamente, nelle acque interne e sul territorio nazionale si siano verificati, quale evento del reato, l’ingresso e lo sbarco dei cittadini extracomunitari per l’intervento dei soccorritori, quale esito previsto e voluto a causa delle condizioni del natante, dell’eccessivo carico e delle condizioni del mare.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, prima sezione penale, respingendo il ricorso di un indagato per il reato di immigrazione clandestina, avverso il provvedimento del Tribunale del riesame che confermava a suo carico la misura cautelare della custodia in carcere.
Invero – ha precisato la Corte con sentenza n. 17625 del 28 aprile 2016 – può senz'altro affermarsi che sussiste la giurisdizione dello Stato italiano, ai sensi dell’art. 6, comma 2 c.p., dal momento che almeno parti delle azioni che costituiscono il reato contestato, risultino commesse in Italia, sia direttamente che per interposizione di soggetti chiamati a prestare soccorso o ricovero immediato – in Italia - ai migranti posti in deliberata situazione di pericolo.
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