Al lavoratore va riconosciuta la possibilità di piena esplicazione del diritto di difesa di fronte alla sanzione disciplinare irrogatagli.
E va riconosciuta anche la possibilità di maturare un ripensamento, dopo aver presentato giustificazioni scritte senza formulare alcuna richiesta di audizione orale, circa la maggiore adeguatezza difensiva della rappresentazione anche "a voce" degli elementi a sua discolpa.
Questo in ragione della specifica finalità di tutela alla quale è preordinata la garanzia procedimentale dettata dall’art. 7 della Legge n. 300/1970.
In tale contesto, al datore di lavoro è impedito ogni sindacato, anche sotto il profilo della conformità e correttezza a buona fede, della condotta del dipendente con riferimento alla necessità o opportunità della richiesta di integrazione difensiva, rimessa alla esclusiva valutazione del prestatore.
Del resto, non sussistono ragioni per limitare l’ampiezza di esplicazione del diritto di difesa che il legislatore ha voluto preordinare alla tutela di interessi fondamentali del lavoratore, “in assenza di un apprezzabile interesse contrario della parte datoriale, la quale riceve comunque adeguata tutela dalla stringente cadenza temporale che regola il procedimento disciplinare”.
Così la Corte di cassazione, nel testo della sentenza n. 19846 del 22 settembre 2020, a conferma della decisione con cui era stata ritenuta illegittima una sanzione disciplinare irrogata ad un lavoratore in considerazione della mancata audizione orale del medesimo.
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