E' stato accolto, dalla Cassazione, il motivo di ricorso incidentale sollevato da una società contribuente, contro la decisione con cui la CTR, nel pronunciarsi sulla legittimità di un avviso di accertamento, non si era occupata della richiesta di annullamento delle sanzioni amministrative tributarie che erano state contestualmente irrogate, in relazione alla rettifica reddituale operata.
La ricorrente, in particolare, riteneva che le predette sanzioni dovessero essere escluse per assenza di danno erariale ai sensi degli articoli 10, comma 3, della Legge n. 212/2000, e 6, comma 5-bis, D. Lgs. n. 472/1997.
Le due norme, si rammenta, dispongono rispettivamente:
Con ordinanza n. 13908 del 3 maggio 2022, la Corte di cassazione ha giudicato fondato il predetto rilievo, evidenziando che, effettivamente, su questo punto decisionale la pronuncia risultava del tutto omessa da parte del giudice tributario di appello.
Non si poteva nemmeno ritenere, peraltro, che vi fosse stata un'implicita decisione di rigetto della domanda della società contribuente.
La questione, ciò posto, è stata rimessa al giudice del rinvio, il quale è stato invitato dalla Suprema corte ad attenersi al principio di diritto enunciato con la sentenza n. 16450/2021, secondo cui:
"In tema di sanzioni amministrative tributarie, per distinguere tra violazioni formali e sostanziali è necessario accertare in concreto, con valutazione in fatto riservata al giudice di merito, se la condotta abbia cagionato un danno erariale, incidendo sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta o del versamento del tributo; in assenza di tale pregiudizio, la violazione resta formale perché lesiva per l'esercizio delle azioni e dei poteri di controllo da parte dell'amministrazione finanziaria".
Tale giudice - ha concluso la Quinta sezione civile della Cassazione - dovrà altresì valutare l'applicabilità, in concreto, del novum normativo di cui all'art. 1, comma 4 del D. Lgs. n. 471/1997, per come evocato dalla ricorrente incidentale.
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