Sanatoria controversie tributarie. Sanzioni per operazioni inesistenti

Pubblicato il 20 aprile 2019

La definizione agevolata degli avvisi di accertamento - nell’ambito delle liti con il fisco - non può riguardare gli atti di irrogazione delle sanzioni per operazioni inesistenti (la sanzione prevista in caso di deduzione di costi e spese sostenuti in relazione a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, ex articolo 8, comma 2, Dl 16/2012), infatti tali sanzioni non possono considerarsi correlate a maggiori imposte accertate.

E non possono neanche beneficiare della definizione agevolata delle irregolarità formali ex articolo 9, Dl 119/2018, espressamente esclusa dal provvedimento 15 marzo 2019: non trattandosi di violazione che arreca esclusivamente pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo.

Dunque, se il contribuente definisce la citata controversia sugli accertamenti, la sanzione potrà essere sanata solo in via autonoma, con il pagamento del 40% del valore della controversia.

Il chiarimento giunge dall’Agenzia con la risposta n. 113 del 19 aprile 2019.

Fatture relative alle operazioni inesistenti

Ai fini della sanatoria, quindi, le sanzioni per fatture relative alle operazioni inesistenti non possono considerarsi “collegate ai tributi” recuperati mediante gli avvisi di accertamento e gli atti di irrogazione delle sanzioni devono essere definiti in via autonoma, perché non sono assorbiti dalla definizione degli avvisi di accertamento.

L’orientamento di prassi relativo al corretto inquadramento di questa tipologia di sanzioni è spiegato nella circolare n. 32/E/2012: le sanzioni, rapportate all’ammontare delle spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi, ai fini della definizione agevolata delle controversie tributarie, non si possono considerare “collegate ai tributi cui si riferiscono”, in quanto non sono correlate a maggiori imposte accertate.

Il comma 2 dell’articolo 8, infatti, prevede che “non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi”.

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