L’agenzia delle Entrate fornisce parere sulla legittimità della riorganizzazione societaria tra soci di prima e di seconda generazione.
La questione riguarda la cessione delle partecipazioni, da parte dei soci fondatori che non intendono proseguire l’attività imprenditoriale, a una società di nuova costituzione facente capo ai soci di seconda generazione, ai quali manca la liquidità per acquisire dette partecipazioni. Inoltre, viene messa in atto una fusione per incorporazione che mira ad ottenere l’obiettivo prefissato.
Con risposta n. 341 del 23 agosto 2019, le Entrate ravvisano nelle operazioni prospettate un abuso del diritto.
Viene ricordata la differenza tra recesso tipico ed atipico:
Con riferimento al valore delle partecipazioni rideterminato, mentre risulta utilizzabile per il recesso atipico, non lo è in caso di recesso tipico: infatti, le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate.
In situazioni normali, il recesso tipico dei soci che non intendono proseguire l’attività non avrebbe potuto beneficiare della rideterminazione delle partecipazioni, ma a seguito del giro di operazioni messe in atto, i soci recedenti beneficiano di un recesso atipico che fa conseguire loro un vantaggio fiscale consistente nel risparmio d’imposta derivante dall’assolvimento di un’imposta sostitutiva sul valore di perizia delle partecipazioni in luogo della ritenuta a titolo d’imposta del 26%, prevista sui redditi di capitale.
Inoltre, aggiunge l’Agenzia, la sequenza delle operazioni poste in atto risulta superflua essendo diretta solamente ad ottenere un vantaggio fiscale indebito ai soci che cedono le partecipazioni previamente rivalutate.
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