Il professore di una università italiana, che ha insegnato all’estero fruendo di un periodo di aspettativa non retribuita, può accedere, in presenza degli altri requisiti richiesti, al regime agevolativo previsto per il rientro dei cervelli. Ciò è possibile anche se nel passato ha già beneficiato dello stesso trattamento di favore. Il beneficio fiscale può essere applicato dal momento in cui rientra e riprende la sua attività in Italia.
A chiarirlo è l’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 239 del 29 aprile 2022.
L’istante è professore ordinario presso una università in Italia dal 1° novembre 2019. Collocato in aspettativa dall’ateneo per il periodo 1° novembre 2020-31 agosto 2022, attualmente è iscritto all’Aire ed è residente fiscalmente in Spagna per gli anni 2021 e 2022, dove insegna presso una università con contratto a tempo determinato.
Il docente ha usufruito dei benefici fiscali previsti dall'articolo 44, del Dl n. 78/2010 (incentivi per docenti e ricercatori) negli anni tra il 2016 e il 2019, dopo essere rientrato da cinque anni di lavoro in Australia.
Il professore, nel corso del 2022, intende tornare a insegnare in Italia trasferendo nuovamente anche la sua residenza fiscale. I chiarimenti richiesti riguardano la possibilità di utilizzare le agevolazioni previste dal suddetto art. 44, del D.L. n. 78/2010 nonostante il periodo di aspettativa non retribuita e avendo già usufruito dello stesso beneficio.
La disciplina in questione si rivolge a tutti i residenti all’estero, sia italiani che stranieri, i quali per le loro particolari conoscenze possono favorire lo sviluppo della ricerca e la diffusione del sapere in Italia, trasferendovi il know how acquisito attraverso l’attività svolta fuori dai confini nazionali.
In particolare, le agevolazioni prevedono l'esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo del 90% degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori, al verificarsi delle seguenti condizioni:
Le disposizioni di favore si applicano per sei anni e possono estendersi sino a 13 anni in presenza di figli a carico e in caso di acquisto di immobili residenziali in Italia.
Per rispondere al quesito posto, l’Agenzia delle Entrate conferma quanto era già stato chiarito nella risoluzione 92/E del 2017, vale a dire che un docente universitario trasferitosi all’estero ed iscritto all’Aire a seguito di collocamento in aspettativa senza assegni ai sensi della legge 240/2010 può, una volta rientrato in Italia, godere dello speciale regime fiscale.
Con il documento di prassi richiamato l’amministrazione ha voluto da una parte sottolineare quali condizioni essenziali per accedere al beneficio l’attività di ricerca o docenza svolta all’estero per almeno due anni e la successiva attività svolta in Italia associata al trasferimento della residenza, e dall’altra chiarire che non costituisce causa ostativa alla fruizione dell’agevolazione la circostanza che la docenza o ricerca all’estero sia stata svolta avvalendosi di aspettativa senza assegni.
Inoltre (ed è questo l'aspetto innovativo), non osta a questi fini la circostanza che il professore abbia già fruito del regime agevolativo in passato, dopo essere rientrato da un quinquennio di lavoro in Australia, in quanto la normativa non prevede alcuna preclusione in tal senso.
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