Pronta la bozza della riforma degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro. Il provvedimento, che ha un costo di almeno 20 miliardi di euro negli anni di transizione, e circa 10 miliardi di euro a regime, è stato messo a punto dagli esperti nominati lo scorso luglio dal ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo. Tra le novità principali è possibile annoverare l’estensione della CIGS a tutti i settori produttivi e a tutte le imprese, a prescindere dal numero di occupati. Pertanto, si va verso l’eliminazione al riferimento dei 15 dipendenti.
Ma andiamo in ordine e vediamo nel dettaglio tutte le novità in merito alla riforma degli ammortizzatori sociali.
Oltre all’estensione della CIGS in tutti i settori produttivi e a tutte le imprese, come appena specificato, s’intende rendere strutturale la CIGS per cessazione, da poco introdotta, fino a 12 mesi di intervento, prorogabili di 6 mesi, per il completamento del piano di cessione e o di reindustrializzazione delle aree dismesse.
Stessa “universalizzazione” è prevista per la cassa integrazione ordinaria (CIGO) che guadagnerebbe anche una nuova causale “calamità naturali e stati di emergenza dichiarati con Dpcm”, passando da due a tre.
Quanto alla durata massima, Cigo e Cigs resteranno di 24 mesi (nel quinquennio mobile), elevabili a 30 mesi in determinati casi. Per accedervi il requisito minimo richiesto è di 90 giorni di anzianità lavorativa.
Si chiede, però, di alzare i tetti del sussidio (oggi 80%) e si suggerisce inoltre di introdurre “una soglia minima di importo” anche qui pari al reddito di cittadinanza o all’assegno sociale.
Anche per la NASpI, l’indennità di disoccupazione dei lavoratori dipendenti, è prevista un’estensione dell’ambito di applicazione a gran parte dei collaboratori (superando così la DIS-COLL) e agli autonomi iscritti esclusivamente alla Gestione separata INPS
Per la NASpI, inoltre, si prevedono 6 mesi di “sussidio minimo”, a prescindere dal requisito contributivo (restano i 30 giorni di lavoro effettivo).
Stop alla CIG in deroga e al FIS. La bozza della riforma fa spazio a un ammortizzatore sociale destinato agli autonomi, per un massimo di 12 mensilità, o di 18 mesi, se parificato al reddito di cittadinanza. Si tratta, in particolare, di autonomi intesi come occasionali e professionisti iscritti alla gestione separata INPS o alle Casse di previdenza privatizzate.
La tutela si attiverebbe a fronte del calo di fatturato, che deve essere comunque superiore a un terzo, rispetto alla media del triennio precedente o di cessazione dell’attività. L’indennità da corrispondere per la riduzione del fatturato sarebbe alimentata con una contribuzione basata su aliquote progressive in relazione al reddito professionale conseguito nel triennio precedente (escluso però chi applica il regime forfettario).
Dall’aiuto sarebbero esclusi i titolari di reddito complessivo, non solo professionale, superiore a una determinata soglia, che potrebbe essere fissata a 35mila euro.
Il parametro economico sarebbe poi rafforzato da un valore di ISEE da individuare e da regole per evitare che risulti destinatario dell’aiuto anche chi riduce le entrate perché raggiunto da provvedimenti disciplinari o giudiziari.
Inoltre, in caso di cessazione dell’attività professionale, gli iscritti in via esclusiva alla Gestione separata INPS riceverebbero un’indennità parametrata alla media dei compensi mensili e con le stesse caratteristiche previste per i lavoratori dipendenti che perdono l’impiego. Per gli iscritti alle Casse, invece, potrebbe venire erogata un’indennità una tantum correlata ai contributi versati nei due anni precedenti. Da definire la parte contributiva correlata a queste prestazioni.
Quanto alla contribuzione, la bozza ipotizza un modello di finanziamento che va a gravare sin da subito, per un periodo iniziale indicato in un triennio, sulla fiscalità generale, mantenendo poi, a regime, il meccanismo assicurativo basato sulla contribuzione dei datori di lavoro e dei lavoratori.
Per le integrazioni straordinarie è previsto, però, una maggiorazione dei contributi ordinari a carico, differenziati in ragione alle dimensioni aziendali, oltre a un aggravio del contributo addizionale.
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