Laddove il curatore abbia esperito un’azione revocatoria – nei confronti di debitori stranieri – nell'ambito di una procedura d’insolvenza (dunque ex art. 66 Legge fallimentare), è competente il giudice italiano, secondo i dettami della Corte di giustizia Ue.
Così la Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, rimette ai giudici italiani – accogliendo il ricorso del curatore - l’azione revocatoria da quest’ultimo promossa ex art. 66 Legge fallimentare, onde sentir dichiarare l’inefficacia, nei confronti della massa di creditori, degli atti di conferimento in trust da parte di una banca straniera.
La Corte di giustizia Ue – premettono gli ermellini – si è occupata più volte dell’argomento, stabilendo che, ai sensi del Regolamento CE n. 1346/2000 artt. 3 e 25, i giudici dello Stato membro nel cui territorio sia stata avviata una procedura di insolvenza, hanno giurisdizione anche sui convenuti aventi sede o domicilio in un altro Stato membro, qualora l’azione contro di essi proposta sia qualificabile come direttamente derivante dalla procedura di insolvenza o ad essa direttamente connessa.
A tal proposito tuttavia – chiariscono ancora i giudici europei – per qualificare come sopra un’azione, non basta che la stessa venga esercitata nell'ambito di una procedura di insolvenza, occorrendo che la stessa si fondi su disposizioni in deroga alle norme generali del diritto comune. Non deve in altre parole trattarsi di una normale azione che venga occasionalmente esercitata dal curatore solo perché il titolare della stessa è nel frattempo fallito; ma di un’azione che, pur se proponibile anche in assenza di una procedura di insolvenza, tragga da essa titolo e sia dunque fondata su una norma costituente deroga alle comuni regole di diritto civile e commerciale.
Orbene nel caso di specie – concludono le Sezioni Unite con ordinzanza n. 10233 del 26 aprile 2017 – l’azione esperita dal curatore è espressamente prevista dall'art. 66 Legge fallimentare, avendo egli agito in qualità di organo della procedura per recuperare beni asseritamene sottratti alle ragioni dei creditori. Sicché la sua legittimazione non deriva da un’applicazione coordinata delle norme di diritto comune (pur avendo i medesimi presupposti della revocatoria ex art. 2901 c.c.), bensì da una disposizione specifica, destinata esclusivamente a lui per il caso di insolvenza.
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