Confermato l'annullamento di un avviso di maggior reddito emesso dall'Agenzia delle Entrate ai sensi dell'art. 38, comma 4, DPR n. 600/73.
Nel caso in esame, la CTR aveva accolto l'impugnazione promossa dal contribuente, ritenendo che questi avesse superato la presunzione di maggior reddito derivante da spesa elevata.
Il contribuente aveva dimostrato che, nel 2007, aveva acceso un mutuo in banca, utilizzando poi la somma mutuata per effettuare un finanziamento a favore della Sas di cui era socio e amministratore. La società, nel 2014, aveva erogato al medesimo la somma che il contribuente, lo stesso giorno, aveva versato alla Banca, estinguendo il mutuo.
La presunzione di maggior reddito, in tale contesto, era stata superata mediante la dimostrazione che la disponibilità di spesa nasceva dalla erogazione di pari importo effettuata dalla società in restituzione del finanziamento.
L'Amministrazione finanziaria aveva censurato tali conclusioni, argomentando che l'onere della prova avrebbe potuto essere considerato assolto solo se il contribuente avesse reso verificabile che le somme erogategli dalla società avessero in effetti scontato l'imposta, dovendosi altrimenti presumere che provenissero da fonti illecite, come ad esempio utili extracontabili.
Doglianza, questa, giudicata infondata dalla Corte di cassazione, pronunciatasi, nella vicenda in esame, con ordinanza n. 36711 del 15 dicembre 2022.
Posto che per legge il contribuente deve dare la prova che il finanziamento delle spese contestate è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d'imposta, la CTR, nella specie, aveva correttamente ritenuto che l'onere della prova fosse stato assolto.
Secondo gli Ermellini, ciò posto, la critica mossa dall'Agenzia si risolveva in un aggravamento dell'onere della prova a carico del contribuente, rispetto a quanto previsto dalla legge.
L'Ufficio finanziario non aveva infatti negato che dai fatti in esame potesse desumersi che il versamento bancario eseguito dal contribuente avesse riguardato le somme date al contribuente dalla società, vale a dire che il versamento derivasse da finanziamenti di un terzo.
Lo stesso, però, pretendeva la prova della provenienza lecita di dette somme e della relativa non sottrazione, da parte del terzo (la società), alla dovuta tassazione.
Una dimostrazione, questa, che non si poteva tuttavia pretendere a carico del contribuente.
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