Regolamentazione convivenze di fatto

Pubblicato il 19 maggio 2016

E’ stata definitivamente varata con via libera dell’Aula della Camera, l’11 maggio 2016, la Legge (c.d. Cirinnà) volta a regolamentare le unioni civili tra persone dello stesso sesso ed a disciplinare le convivenze di fatto.

In molte città italiane esistevano già dei registri di coppie di fatto, ma ciò che mancava, era proprio un intervento legislativo che, come il provvedimento di specie nella sua seconda parte, dettasse una regolamentazione univoca e completa a livello nazionale.

Con il presente elaborato si illustrano dunque le principali novità di cui alla neo introdotta normativa, per quanto riguarda la convivenza di fatto. 

Conviventi di fatto Chi sono   

La Legge in esame stabilisce in primo luogo chi sono i “conviventi di fatto”, ossia due persone maggiorenni (sia eterosessuali che omosessuali) unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, di affinità o di adozione, di matrimonio o unione civile. Per accertare la convivenza si fa riferimento, in particolare, alla coabitazione sulla base della dichiarazione anagrafica resa ai sensi degli art. 4 e 13 comma 1 lett. b) del Dpr n. 223 del 30 maggio 1989.

Diritti pari ai coniugi in caso di detenzione 

E’ stabilito che i conviventi di fatto abbiano gli stessi diritti spettanti ai coniugi nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario, ossia, di detenzione di uno dei due.

Diritto di assistenza e rappresentanza in malattia 

Anche in ipotesi di malattia o di ricovero, i conviventi acquisiscono reciproco diritto di vista e di assistenza, nonché di accesso alle informazioni personali secondo le regole di organizzazione della struttura sanitaria di competenza, esattamente come nel matrimonio e nelle unioni civili.

Inoltre, ciascun convivente può designare l’altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati – mediante scritto autografo o dichiarazione verbale in presenza di un testimone -   nei seguenti specifici casi:

  1. in caso di malattia che comporti incapacità di intendere o volere, per le decisioni inerenti la salute;
  2. in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie.

Diritto a restare nella casa comune 

In caso di decesso del convivente proprietario della casa di comune residenza, il partner superstite ha diritto di restare nell’abitazione per due anni o per un periodo pari alla convivenza, se superiore ai due anni, e comunque non oltre i cinque anni. Laddove, invece, nella casa comune coabitino figli minori o disabili del convivente superstite, quest’ultimo può rimanervi per un periodo non inferiore a tre anni.

Inoltre, in caso di morte del convivente conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, è previsto che l’altro possa succedergli nel contratto.

La Legge specifica tuttavia che detti diritti vengono meno se il superstite cessi di abitare stabilmente nella casa di comune residenza, in caso di matrimonio, di unione civile o di nuova convivenza di fatto.

Preferenze per alloggi popolari 

Qualora l’appartenenza ad un nucleo familiare costituisca titolo o preferenza per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare, è previsto che di detti titoli o preferenze possano godere, a parità di condizioni, anche i conviventi di fatto.

Modifiche ai codici 

La normativa in esame introduce, inoltre, le modifiche di seguito indicate al codice civile e di procedura civile.

In particolare, per quanto concerne le disposizioni sull’impresa familiare, viene introdotto un ulteriore articolo (230 ter) rubricato “Diritti del convivente”, secondo cui, al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa familiare dell’altro convivente, spetta una partecipazione – commisurata al lavoro prestato – agli utili dell’impresa medesima ed ai beni acquistati con essi, nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento. 

E’ poi previsto -  mediante inserimento dell’espressione “o del convivente di fatto” nel testo dell’art. 712 c.p.c – che nel ricorso per interdizione o inabilitazione debbano essere indicati nome, cognome e residenza non solo del coniuge ma anche del convivente di fatto.

Nomina a tutore e amministratore 

E’ contemplata altresì la nomina del convivente di fatto quale tutore o amministratore di sostegno, qualora l’altro partner sia dichiarato interdetto o inabilitato secondo la normativa vigente, ovvero ricorrano i presupposti per l’amministrazione di sostegno.  

Danno risarcibile come al coniuge 

Secondo altra importante previsione, nel caso di morte del convivente per fatto illecito del terzo, nella determinazione del danno risarcibile al superstite, trovano applicazione i medesimi criteri individuati per il coniuge.

Contratto di convivenza per regolare rapporti patrimoniali 

I conviventi possono scegliere di regolamentare i loro rapporti patrimoniali mediante un contratto di convivenza, redatto in forma scritta a pena di nullità (con atto pubblico o scrittura privata), con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attesti la conformità ad ordine pubblico e norme imperative. Il professionista che ha ricevuto l’atto o che ne ha autenticato la sottoscrizione, deve poi provvedere, entro i successivi dieci giorni, a trasmetterne copia al Comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe comunale.

Contenuti del contratto 

Il contratto di cui sopra può contenere i seguenti elementi:

  1. l’indicazione della residenza;
  2. le modalità di contribuzione alle necessità della vita comune, in relazione alle sostanze di ciascuno ed alle capacità di lavoro professionale o casalingo;
  3. il regime patrimoniale di comunione dei beni;

con specificazione che il regime patrimoniale scelto dai contraenti può essere modificato in qualsiasi momento della convivenza, con le medesime modalità di redazione del contratto.

Nullità del contratto 

Il contratto di convivenza non ammette termini o condizioni (nel qual caso questi si considerano come non apposti) ed è affetto da nullità insanabile che può essere fatta valere da chiunque ne abbia interesse, qualora sia concluso:

  1. in presenza di un vincolo matrimoniale, di un’unione civile o di altro contratto di convivenza;
  2. in violazione del comma 36 art. 1 della presente Legge, che indica per l’appunto i requisiti che due persone devono possedere per essere definite “conviventi di fatto” (maggiorenni, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile);
  3. da persona minore d’età;
  4. da persona interdetta giudizialmente;
  5. in caso di condanna per reato di cui all’art. 88 c.c. (omicidio tentato o consumato nei confronti del coniuge dell’altra parte).

Risoluzione del contratto 

Il contratto di convivenza si risolve in caso di:

  1. accordo tra le parti;
  2. recesso unilaterale;
  3. matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona;
  4. morte di uno dei contraenti.

La risoluzione nelle prime due ipotesi (accordo tra le parti, recesso unilaterale) deve intervenire con le stesse modalità previste per la redazione del contratto.

Qualora poi l’accordo di convivenza contempli il regime patrimoniale di comunione dei beni, la sua risoluzione determina lo scioglimento della comunione medesima e trovano applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni del codice civile che regolano la comunione legale (art. 177 – 197 c.c.).

Ed ancora, in caso di recesso unilaterale dal contratto, qualora la casa familiare sia nella disponibilità esclusiva del recedente, deve essere concesso al convivente (a pena di nullità della dichiarazione di recesso) un termine non inferiore a 90 giorni per lasciare l’abitazione.

Legge applicabile 

Il provvedimento in questione contempla anche una modifica alla Legge 218/1995 di “Riforma del sistema italiano di diritto internazionale”, introducendo un ulteriore articolo (30 bis) - a seguito della disposizione relativa ai rapporti patrimoniali tra coniugi – secondo cui ai contratti di convivenza si applica la legge nazionale comune dei contraenti. Mentre se questi ultimi sono di cittadinanza diversa, trova applicazione la legge del luogo ove la convivenza è prevalentemente localizzata, fatte salve le norme nazionali, europee ed internazionali che regolano i casi di cittadinanza plurima.

Diritto agli alimenti 

Infine, in ipotesi di cessazione della convivenza di fatto, il giudice stabilisce il diritto del convivente di ricevere gli alimenti dall’altro, qualora versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento. Detti alimenti sono assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza e secondo i criteri dettati dal codice civile (art. 438 c.c.); mentre per quanto concerne la determinazione dell’ordine dei soggetti obbligati ex art. 433 c.c., il convivente è tenuto agli alimenti con precedenza rispetto a fratelli e sorelle

Quadro Normativo

Camera dei deputati – Proposta di legge su unioni civili e convivenze di fatto approvata l’11 maggio 2016;

art. 88 c.c.;

artt. 177 - 197 c.c.;

art. 230 ter c.c.;

art. 433 c.c.;

art. 438 c.c.;

art. 712 c.p.c.;

DPR n. 223 del 30.05.1989;

Legge 218/1995.

 

 

 

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