I giudici di Cassazione si sono pronunciati in ordine all’imposta di registro dei terreni ribadendo che l’edificabilità di un’area, per sostenere l’inapplicabilità del sistema di valutazione automatica previsto dall’articolo 52, comma 4, del DPR n. 131, va desunta dalla qualificazione ad esso attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune.
Ciò, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi.
Tutto questo a seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 36, comma 2, del Decreto legge n. 223/2006 che ha fornito un’interpretazione autentica del DPR n. 131 citato.
Il fulcro della norma interpretativa – si legge nell’ordinanza della Corte di legittimità n. 20817 del 6 settembre 2017 – è costituito dalla precisazione che l’edificabilità dei suoli, ai fini fiscali, non è condizionata dall’approvazione regionale e dall’adozione degli strumenti attuativi proprio perché il valore del terreno, nelle contrattazioni, aumenta per effetto della sola adozione di un piano regolatore che ne prevede l’edificabilità.
Ai fini del prelievo fiscale, dunque, ciò che è rilevante è lo stato di fatto del terreno secondo lo strumento urbanistico che lo conforma.
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