Reddito minimo presunto salvo situazioni oggettive dedotte dal contribuente
Pubblicato il 14 ottobre 2013
La Commissione tributaria di primo grado di Trento, con la
sentenza 65/02/13 depositata il 24 luglio 2013, ha accolto il ricorso presentato da una società avverso l'avviso di accertamento emesso con riferimento all'anno 2006 con il quale le era stato rettificato il reddito.
Per l'anno di riferimento, la società, al fine di vedersi riconosciuta la possibilità di essere esonerata dall'obbligo di dichiarare il reddito minimo desunto dal calcolo degli indici secondo le indicazioni di cui all'articolo 30 della legge
724/1994, aveva presentato all'Amministrazione finanziaria istanza di interpello disapplicativo, che, tuttavia, era stata respinta dalla competente Direzione provinciale di Trento.
La società non si era tuttavia adeguata volontariamente e da qui era nato l'avviso di accertamento del Fisco con rettifica del reddito ai minimi di legge presunti sull'assunto che la società non era operativa.
Il Collegio trentino, in particolare, dopo aver ricordato come la normativa in esame preveda un reddito minimo presunto in capo alla società allo scopo di scoraggiare la creazione di società "
vuote", ha anche sottolineato che la stessa normativa prevede la possibilità, "
in presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento di ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi nonché del reddito determinati”, di richiedere la disapplicazione delle relative disposizioni antielusive ai sensi dell'art. 37 bis co. 3 del dpr
600/73.
Ed era così che aveva operato la società di specie: nell'istanza di interpello disapplicativo, la stessa aveva addotto di aver proceduto alla stipula del contratto di affitto dell'intera azienda ad altra società. E detta motivazione – a detta del Collegio – era da ritenere sufficiente per vincere la presunzione applicata dall'Amministrazione finanziaria.
In particolare - si legge nel testo della sentenza - risultava provato dal ricorrente che i soci genitori erano titolari di una pensione che permetteva loro vivere senza necessità di ulteriori introiti, mentre i figli soci erano impegnati in altre attività.
L'operazione, ossia, aveva una sua ragione d'essere in quanto “
tutti i componenti del nucleo avevano un loro introito e la società è riuscita con il contratto di affitto a 50 mila euro annui a pagare i lavori di ristrutturazione e restituire l'immobile perfettamente funzionate ai figli/soci”. Da escludere, quindi, la presenza di eventuali intenti fraudolenti.