La risoluzione delle Entrate 17, diffusa ieri, commenta gli articoli 171 e 194 della ottava direttiva comunitaria numero 112/2006, sostenendo che un operatore Ue che installi beni in Italia possa – anche quando effettui operazioni imponibili nel proprio Stato - chiedere il rimborso Iva senza dover identificarsi o nominare un rappresentante fiscale. Sono, cioè, prevalenti le norme comunitarie su quelle nazionali. Ed immediatamente applicabili. L’Agenzia ha ritenuto, così, di dover interpretare le leggi italiane alla luce, in particolare, dell’articolo 171 della direttiva 2006/112/Cee, che fissa il concetto che è ammissibile il rimborso dell’Imposta sul valore aggiunto anche per i contribuenti soggetti passivi d’imposta “che abbiano effettuato nello Stato membro ove realizzano acquisti di beni e servizi unicamente cessioni di beni o prestazioni di servizi per le quali il destinatario di tali operazioni è stato designato come debitore di imposta a norma degli articoli da 197 e dell’articolo . E poiché l’articolo 194 disciplina l’inversione contabile facoltativa (il cosiddetto “reverse charge facoltativo”), nel caso che il committente o cessionario nazionale abbia adempiuto agli obblighi di pagamento dell’imposta emettendo autofattura in luogo del dante causa non residente, le Entrate ritengono che le disposizioni comunitarie siano sufficientemente precise e dettagliate per poter essere immediatamente applicate nell’ordinamento interno, prevalendo allora sulle leggi interne.
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