Recesso prima del trasferimento d'azienda: il rapporto continua con la cessionaria?

Pubblicato il 14 marzo 2022

Nuova decisione della Cassazione in materia di cessione d'azienda e tutela dei lavoratori dipendenti della società cedente.

Qualora, prima del trasferimento, sia stato intimato il licenziamento, la norma di garanzia di cui all’art. 2112 c.c. - in tema di mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di cessione - può operare solo a condizione che sia dichiarata la nullità o l'illegittimità del licenziamento, con le conseguenze a ciò connesse in termini di ripristino del rapporto di lavoro alle dipendenze della cedente.

Solo la declaratoria di nullità o l’annullamento dell'atto di recesso, infatti, consentono di considerare il lavoratore dipendente della cedente al momento della cessione, con trasferimento e continuazione del suo rapporto di lavoro in capo alla cessionaria.

Licenziamento ante cessione: va impugnato affinché si realizzi la continuazione del rapporto di lavoro

La declaratoria di nullità del licenziamento o il suo annullamento costituiscono un dato pregiudiziale ed autonomo - sul piano sia logico che giuridico - rispetto all'accertamento del trasferimento d'azienda e dei suoi effetti.

La contestazione del licenziamento, in tale contesto, rimane sottoposta alle regole sue proprie, tra le quali l'onere di impugnazione nei termini di decadenza di cui all'art. 6 della Legge n. 604/1966.

Rapporto di lavoro alle dipendenze della cessionaria

In definitiva, si realizza la continuazione del rapporto di lavoro alle dipendenze della cessionaria, ai sensi dell'art. 2112 c.c., per i lavoratori che sono dipendenti della cedente o che tali devono considerarsi per effetto della nullità o dell'annullamento del licenziamento, con ripristino o reintegra nel posto di lavoro.

E' quanto precisato dalla Corte di cassazione con sentenza n. 8039 dell'11 marzo 2022, nel pronunciarsi in relazione a una causa che vedeva contrapposti due lavoratori, da un lato, e una Srl in liquidazione, attivata dai primi al fine di veder condannata la società alla ricostituzione dei rapporti di lavoro in essere in capo alla stessa.

Secondo gli Ermellini, la Corte territoriale, nell'accogliere le ragioni dei due prestatori, non si era attenuta agli enunciati principi, in quanto aveva considerato operante la garanzia di cui all'art. 2112 c.c. sebbene i due lavoratori, al momento dell'operazione di cessione di ramo d'azienda, non fossero più dipendenti di fatto della cedente, come addetti al ramo oggetto di cessione, né tali potevano considerarsi de iure, a causa del licenziamento intimato prima del trasferimento, non impugnato.

Era stato, ossia, omesso di considerare che ai due lavoratori era stato comminato il licenziamento, da parte della cedente, anteriore alla cessione, e che tale licenziamento, sia pure nullo per contrasto con norma imperativa, non era stato impugnato, ai sensi dei prescritti termini di decadenza.

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