Dalla Suprema corte sono arrivate precisazioni in ordine al momento di consumazione del reato di false attestazioni o certificazioni di cui all’articolo 55 quinquies D.lgs. n. 165/01.
Con sentenza n. 36711 dell’8 ottobre 2021, la Terza sezione penale della Corte di cassazione si è pronunciata in ordine a un procedimento penale che vedeva coinvolto il dipendente di un ospedale, accusato di aver falsamente attestato la propria presenza in servizio mediante lo scambio di badge con i propri colleghi.
Mentre, in primo grado, era stato dichiarato di non doversi procedere nei suoi confronti in quanto, nonostante la falsa timbratura del badge, non era stato provato che egli non fosse in servizio presso l’ospedale dove lavorava, in sede di appello, era stato pronunciato il non luogo a procedere per particolare tenuità dell’offesa.
In secondo grado, ossia, era stata utilizzata una formula meno favorevole rispetto a quella adoperata dai giudici di prime cure.
La Corte d’appello aveva infatti ritenuto che il reato contestato all’imputato si fosse comunque configurato attraverso lo scambio dei badge tra i dipendenti. Tale condotta, tuttavia, non aveva avuto alcuna ricaduta pratica in termini di disservizio all’interno dell’ospedale e, per questo, erano stati considerati sussistenti i presupposti di applicabilità dell’art. 131-bis c.p. vale a dire della non punibilità per particolare tenuità del fatto.
L’uomo si era rivolto alla Corte di cassazione lamentando, tra gli altri rilievi, inosservanza ed erronea applicazione della legge penale: a suo dire, la fattispecie contestata non poteva dirsi, di fatto, integrata.
Doglianza, questa, giudicata infondata dagli Ermellini, i quali hanno precisato che il reato in oggetto si consuma, per il pubblico dipendente, in considerazione del solo fatto della falsa attestazione, attraverso l’alterazione dei sistemi di rilevamento o con altre modalità fraudolente.
Per quanto riguardava la vicenda in esame, il reato si era perfezionato per il solo fatto di non aver passato il badge personalmente ma di aver delegato altri all’incombente.
Questo, a prescindere dall’eventuale danno arrecato all’Amministrazione che, invece, avrebbe rilevato in ordine all’imputazione per truffa aggravata.
Sul punto, la Corte di legittimità ha ricordato la consolidata interpretazione giurisprudenziale secondo la quale, fra le altre modalità fraudolente che integrano il delitto di falsa attestazione della presenza in servizio di dipendenti di una pubblica amministrazione, previsto dall’art. 55-quinquies citato, rientra l’abusiva timbratura del proprio o dell’altrui badge, ovvero la consegna del badge a colleghi per risultare falsamente in servizio o l’utilizzo del tesserino elettronico di altri dipendenti pubblici per attestarne la presenza in ufficio.
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