Il contribuente che riporta nella dichiarazione un’operazione impropriamente qualificata come non imponibile non può essere perseguito per il reato di dichiarazione fraudolenta Iva mediante altri artifici, in quanto manca l'intento di ostacolare l'accertamento.
A sostenerlo, la Corte di Cassazione, Sezione IV penale, con la sentenza n. 21895 depositata il 5 maggio 2017.
I Supremi giudici hanno esaminato il caso riguardante una società di leasing, che per l'acquisto di una imbarcazione aveva emesso fatture che non risultavano essere imponibili Iva, anche se erano state riportate nella dichiarazione presentata.
Dunque, essendoci coincidenza tra i documenti ricevuti e la dichiarazione presentata, secondo la Cassazione, manca l’intento di ostacolare l'azione di accertamento del Fisco.
Pertanto, di fronte ad una contestazione di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici per aver indicato elementi passivi fittizi relativi a costi non inerenti per importi superiori alla soglia di punibilità, la Corte di Cassazione ritiene che non vi è reato.
Infatti, secondo la Suprema Corte, il reato di cui all’articolo 3 del Dlgs 74/2000 si commette non solo con la presentazione della dichiarazione, ma anche con eventuali condotte preparatorie: ossia è necessario che sussista il dolo specifico del fine di evadere le imposte e che ciò avvenga sulla base di una falsa rappresentazione delle scritture contabili.
Nel caso di specie, invece, seppure dalle fatture contestate emergeva che queste potessero rappresentare l’elemento passivo fittizio, mancavano in ogni caso i mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento della falsa rappresentazione.
Conclude così la sentenza n. 21895/2017: il soggetto non essendosi avvalso di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento non può essere condannato per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici.
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