Il divieto, per l'agente della riscossione, di procedere all'espropriazione della "prima casa" di abitazione non trova applicazione in ambito penale, non impedendo il sequestro preventivo dell'abitazione dell'indagato per frode fiscale.
La Cassazione ha confermato il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, disposto dal Gip nei confronti di un immobile di proprietà di un imprenditore, indagato per reati di utilizzazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti.
Quest’ultimo aveva promosso ricorso contro la conferma della misura cautelare, sostenendo che il sequestro, in quanto disposto sulla sua prima casa di abitazione, fosse illegittimo ai sensi dell’articolo 52 del DL n. 69/2013.
Lo stesso si doleva del fatto che secondo il Tribunale del riesame sarebbe stato suo onere dimostrare che l’unica abitazione (prima casa) fosse quella sequestrata, nonché della considerazione, sempre dei giudici di merito, secondo cui anche se si fosse trattato di prima casa, la disciplina limitativa richiamata non sarebbe risultata applicabile in sede di sequestro preventivo per equivalente.
Nel respingere i vari motivi di doglianza, la Terza sezione penale della Cassazione, con sentenza n. 22581 del 23 maggio 2019, ha escluso che la motivazione dell’ordinanza impugnata potesse ritenersi “mancante o apparente”, ravvisando, per contro, nella stessa, i requisiti per rendere comprensibile la vicenda e per individuare l’iter logico della decisione.
Anche rispetto al motivo relativo al divieto di sequestro della prima casa, il provvedimento impugnato aveva evidenziato, in fatto, come il ricorrente non avesse fornito la dimostrazione della natura di prima casa dell’immobile sottoposto a sequestro.
Quindi, con motivazione in diritto, non determinante, era stato rilevato che l’articolo 52 richiamato non trovasse applicazione nel processo penale, non impedendo, quindi, l’adozione della misura cautelare del sequestro.
Nel ricorso in cassazione, d’altro canto, era stato omesso qualsiasi riferimento agli atti del procedimento relativi alla considerazione dell’immobile quale prima casa.
Ciò posto, era inutile procedere, ai fini del presente giudizio, con l’analisi dell’applicabilità o meno della normativa in oggetto anche al processo penale visto che, in fatto, non era stata chiarita la natura di prima casa dell’immobile sequestrato.
Ad ogni modo, per completezza, gli Ermellini hanno voluto ricordare quanto già rilevato dalla giurisprudenza di legittimità, ovvero che la disposizione di cui all'art. 52, comma primo, lettera g), del convertito DL n. 69/2013 - che preclude all'agente della riscossione, in specifiche ipotesi e condizioni, di procedere all'espropriazione della "prima casa" del debitore - non trova applicazione nell'ambito del processo penale e, pertanto, non impedisce il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, dell'abitazione dell'indagato.
Una posizione, questa – ha tuttavia precisato la Corte – che “potrebbe anche essere oggetto di revisione critica da parte di questo collegio”, in quanto il limite dell’aggressione della prima casa di abitazione dovrebbe comunque valere, altrimenti sarebbe aggirata, in sede penale, una disposizione posta a tutela del diritto costituzionale di abitazione.
Ma, come ricordato, tale argomentazione risulterebbe ad ogni modo ininfluente rispetto alle sorti del ricorso in esame, posto che non era stata dimostrata, nei fatti, la natura di prima casa dell’immobile oggetto di sequestro.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".