La Cassazione ha confermato la decisione con cui i giudici di merito, nell'ambito di un patteggiamento per il reato di dichiarazione fraudolenta, avevano applicato all’imputato la pena di sei mesi e venti giorni di reclusione, con il riconoscimento della circostanza attenuante ex art. 13-bis del D. Lgs. n. 74/2000.
Il Pm aveva promosso ricorso in sede di legittimità in relazione alla mancata applicazione della confisca, chiedendo l’annullamento della sentenza, senza rinvio.
Il difensore dell’imputato aveva ex adverso rilevato l’inammissibilità del ricorso del procuratore, in considerazione dell’avvenuto pagamento del debito tributario, pagamento da cui era derivata l'applicazione della circostanza attenuante nonché dell’art. 12 bis del D. Lgs. n. 74/2000, ai sensi del quale la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’Erario anche in presenza di sequestro.
La Suprema corte, con sentenza n. 24614 del 1° settembre 2020, ha giudicato l’impugnazione in oggetto inammissibile: l’imputato aveva estinto il debito tributario e l’accordo sulla pena prevedeva l’applicazione della circostanza attenuante di cui al menzionato art. 13.
Con particolare riferimento al rapporto tra confisca e accordo con l’Erario, gli Ermellini hanno richiamato quanto già enunciato in sede di legittimità.
In tema di reati tributari – si legge nella decisione – la disposizione secondo cui la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’Erario, deve essere intesa nel senso che detta misura può essere adottata anche a fronte dell’impegno di pagamento ma produce effetti solo ove si verifichi l’evento futuro ed incerto costituito dal mancato pagamento.
Del resto, l’integrale pagamento del debito con il Fisco conduce alla non operatività della confisca in virtù della necessità di evitare la sostanziale duplicazione dello stesso.
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