Reati tributari: con la rottamazione della cartella di pagamento vengono meno i presupposti per disporre il sequestro preventivo.
La Terza sezione penale della Cassazione, con sentenza n. 35175 del 10 dicembre 2020, ha respinto il ricorso avanzato dal Procuratore della Repubblica contro la decisione con cui il Tribunale del riesame aveva revocato il sequestro preventivo disposto nell’ambito di un’indagine per reati di indebita compensazione a carico di un’imprenditrice.
A fronte della doglianza prospettata dalla Procura in ordine ad un’asserita violazione di legge, gli Ermellini ne hanno sottolineato l’infondatezza: la decisione del riesame risultava adeguata, non contraddittoria e non manifestamente illogica.
Determinante, nel giudizio in esame, è stata considerata la circostanza che il fumus dei reati in accertamento fosse venuto meno in quanto la contribuente aveva effettuato la rottamazione delle cartelle di cui al debito fiscale oggetto di indagine, per come era risultato anche da una sentenza della CTR.
In considerazione della rottamazione, il Tribunale del riesame, insieme al Gip, avevano ritenuto che il profitto del reato – e quindi l’oggetto del sequestro preventivo - fosse venuto meno.
Inoltre, dalla documentazione in atti, era emerso l’integrale pagamento della somma contestata per tramite della rottamazione, con la contestuale rinuncia dell’Agenzia delle Entrate della pretesa fiscale, con interessi e sanzioni.
L’art. 3, primo comma del Dl n. 119/2018 sulla rottamazione ter – è stato in proposito ricordato nel testo della decisione – comporta, mediante il pagamento dell’importo iscritto a ruolo, l’estinzione del debito fiscale, senza corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora.
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