Firmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi il DPCM - di prossima pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale - che sancisce il ritorno in ufficio per tutti i pubblici dipendenti dal prossimo 15 ottobre.
Il DPCM è però solo l'ultimo (almeno per ora) tassello di un quadro normativo e regolamentare più ampio e in via di definizione, che ruota su due importanti perni: la nuova disciplina contrattuale dello smart working e il rientro in presenza con il green pass, obbligatorio dal 15 ottobre 2021.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e firmato il 23 settembre, con un unico articolo, dispone che a decorrere dal 15 ottobre 2021 la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni è quella svolta in presenza.
Per identificare l'ambito di applicazione della norma, il DPCM richiama l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 che definisce amministrazioni pubbliche:
Resta fermo il necessario adeguamento ai principi introdotti alla disciplina in commento da parte degli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, delle autorità amministrative indipendenti, ivi comprese la Commissione nazionale per le società e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, ciascuno nell'ambito della propria autonomia.
Il DPCM segna pertanto il definitivo ritorno al regime vigente nella fase pre-pandemica, di cui alla legge 22 maggio 2017, n. 81, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato", come modificata dai successivi provvedimenti normativi.
Per arginare il dilagarsi della pandemia, il comma 1 dell'art. 87 del Cura Italia (decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27) aveva infatti previsto che, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019, ovvero fino ad una data antecedente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, il lavoro agile fosse una delle modalità ordinarie di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni e che la presenza del personale nei luoghi di lavoro fosse limitata alle attività indifferibili e a quelle che richiedevano necessariamente la presenza, anche per la gestione dell'emergenza.
La disciplina emergenziale prevedeva inoltre la possibilità di ricorrere allo smart working in modalità semplificata, senza la stipula di accordi individuali e non osservando gli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81.
Le modalità di rientro in ufficio dei pubblici dipendenti saranno disciplinate da un decreto del Ministro della Pubblica amministrazione accompagnato da apposite linee guida.
Secondo le anticipazioni fornite dalla Funzione Pubblica (comunicato stampa del 24 settembre, che pubblica anche uno schema esemplificativo delle varie tappe che condurranno al rientro in ufficio), il decreto ministeriale prevedrà una più ampia flessibilità degli orari di ingresso e di uscita, per evitare di concentrare l’accesso al luogo di lavoro nella stessa fascia oraria e il congestionamento dei trasporti pubblici.
Inoltre, in attesa che venga siglato il nuovo Contratto collettivo nazionale, (attualmente in fase di discussione tra Aran e organizzazioni sindacali e che conterrà anche la disciplina del lavoro agile), il decreto ministeriale consentirà l’accesso allo smart working solo previa stipula dell’accordo individuale e subordinatamente all’esistenza delle seguenti condizioni:
lo smart working non deve pregiudicare o ridurre la fruizione dei servizi resi all’amministrazione a favore degli utenti;
l’amministrazione deve disporre di una piattaforma digitale o di un cloud o comunque di strumenti tecnologici idonei a garantire la sicurezza delle comunicazioni tra lavoratore e amministrazione;
l’amministrazione deve aver previsto un piano di smaltimento degli arretrati e deve fornire al personale i devices necessari.
Entro il 15 ottobre i dipendenti pubblici dovranno munirsi di green pass per accedere al luogo di lavoro.
Con il rientro in presenza, dal 15 ottobre infatti, tutto il personale delle pubbliche amministrazioni, non esentato dalla campagna vaccinale per motivi sanitari, sarà tenuto a possedere e a esibire (su richiesta) la certificazione verde COVID-19 in corso di validità in base a quanto stabilito dall'art 1 del decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127.
I Ministri Brunetta e Speranza stanno predisponendo specifiche linee guida che saranno adottate dal Presidente del Consiglio dei Ministri per garantire codici di condotta omogenee e per predisporre le risorse strumentali necessarie per consentire il rientro in presenza del personale pubblico.
Le linee guida, come si legge nel comunicato stampa summenzionato, conterranno l'indicazione degli strumenti tecnologici necessari alla implementazione delle piattaforme digitali per la verifica del green pass e per la gestione del personale, soprattutto in fase di prima attuazione dell’obbligo.
Il quadro regolatorio si completa infine con il Piano integrato di attività e organizzazione.
Le modalità attuative, infatti, confluiranno nella sezione del Piano integrato della pubblica amministrazione (PIAO, introdotto dal decreto-legge n. 80/2021) che conterrà i piani organizzativi del lavoro agile (POLA) per offrire alle PA, dal 31 gennaio 2022, "uno strumento di semplificazione e di pianificazione delle attività e delle strategie da porre in essere".
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".