Non è dovuto alcun risarcimento alle parti per la pubblicazione arbitraria degli atti di un procedimento penale.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sezioni unite civili, respingendo le pretese di una nota azienda televisiva nei confronti di una società editrice, la quale aveva pubblicato un articolo prendendo spunto dall'avviso della conclusione delle indagini della Procura sulla presunta frode fiscale nella compravendita di diritti televisivi, commessa dai vertici della medesima società tv.
In particolare la Corte ha precisato che la fattispecie criminosa di pubblicazione arbitraria degli atti di un procedimento penale di cui all'art. 684 c.p. integra un reato monoffensivo, posto che obiettivo della norma, prima della conclusione delle indagini preliminari, è quello di non compromettere il buon andamento delle stesse e, dopo tale momento, quello di salvaguardare i principi propri del processo accusatorio.
Nessuna autonoma pretesa risarcitoria può dunque essere avanzata dalla parte coinvolta nel processo per il solo fatto che sia stata violata la norma incriminatrice in discorso.
Nel caso di specie pertanto - ha concluso la Corte con sentenza n. 3727 del 25 febbraio 2016 - risulta infondata la pretesa risarcitoria dell’azienda televisiva, solo perché gli autori delle contestate pubblicazioni sarebbero incorsi nel reato di cui all'art. 684 c.p. – e cioè nella riproduzione testuale di atti non più coperti da segreto – per essere detto reato preordinato esclusivamente alla corretta, indipendente e serena formazione del convincimento del giudice del dibattimento.
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