Anche per gli sgravi contributivi ha rilievo l’efficacia irretroattiva dei provvedimenti INPS di variazione della classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali.
Benché, infatti, l'individuazione dei soggetti destinatari del beneficio degli sgravi contributivi deve essere operata alla stregua della legislazione d'incentivazione applicabile ratione temporis, resta comunque fermo che i provvedimenti adottati d'ufficio dall'INPS di variazione della classificazione, con il conseguente trasferimento nel settore economico corrispondente alla effettiva attività svolta, producono effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento di variazione.
Questo, salvo il caso in cui l'inquadramento iniziale sia stato determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro (ipotesi in presenza delle quali la variazione della classificazione potrà avere effetto retroattivo).
Lo ha rammentato la Corte di cassazione con ordinanza n. 22089 del 13 luglio 2022, pronunciata in accoglimento del ricorso promosso da una SRL che si era vista rigettare l'opposizione al decreto ingiuntivo con cui le era stato intimato di pagare all'INPS somme per sgravi indebitamente fruiti a seguito di provvedimento di variazione della classificazione aziendale dal ramo industria al ramo commercio.
La società si era rivolta ai giudici di legittimità, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 3, comma 8, Legge n. 335/1995, e 49, Legge n. 88/1989, per avere la Corte di merito ritenuto che l'efficacia irretroattiva dei provvedimenti di variazione adottati dall'INPS non avesse rilievo per gli sgravi contributivi.
Doglianza, questa, giudicata fondata dalla Sezione lavoro della Cassazione, alla luce del sopra ricordato chiarimento della giurisprudenza di legittimità.
Risulta ormai superato - si legge nella decisione - il diverso principio secondo cui, in materia di sgravi, rileverebbe soltanto la natura oggettiva dell'attività svolta dall'impresa, indipendentemente dal provvedimento con cui l'INPS l'attesta ai fini previdenziali, che avrebbe al riguardo natura ricognitiva e non costitutiva.
Tale ultimo principio - secondo la Corte - si pone diametralmente in contrasto con l'art. 3, comma 8, Legge n. 335/1995, che ha valenza generale ed è applicabile ad ogni ipotesi di rettifica di precedenti inquadramenti operata dall'Istituto previdenziale dopo la data di entrata in vigore della predetta legge, indipendentemente dai parametri adottati.
La spettanza o meno degli sgravi, in tale contesto, è questione che, determinando l'ammontare dei contributi dovuti in concreto dall'azienda, inerisce strettamente al rapporto contributivo che essa intrattiene con gli enti previdenziali.
In definitiva, la sentenza di merito andava cassata, non essendosi attenuta al richiamato principio di diritto.
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