Il professionista pensionato che continua a svolgere attività di lavoro autonomo senza essere tenuto a versare il contributo soggettivo all’Ente previdenziale di categoria, deve iscriversi alla Gestione separata INPS.
Difatti, il presupposto per l’iscrizione alla Gestione separata da parte di soggetti che svolgono attività libero-professionale per la quale è previsto l’obbligo di iscrizione ad appositi albi è costituito dal fatto che questi non sono tenuti a versare alla Cassa previdenziale di riferimento un contributo che dia luogo alla costituzione di una posizione previdenziale.
E’ quanto precisato dalla Corte di cassazione con sentenza n. 7485 del 23 marzo 2020, pronunciata in accoglimento del ricorso dell’INPS contro una decisione con cui i giudici di merito avevano ritenuto che un perito industriale in pensione non fosse soggetto al versamento della contribuzione presso la Gestione separata.
Secondo la Corte d’appello, trattandosi di soggetto che aveva svolto lavoro autonomo successivamente al pensionamento, lo stesso era da ritenere escluso dall’iscrizione alla detta Gestione separata INPS ai sensi dell’art. 18, comma 12 del DL n. 98/2011, recante un esonero per coloro che svolgono attività di lavoro autonomo dopo essere stati collocati in pensione da taluno degli enti previdenziali privati.
Diverse le conclusioni a cui è giunta la Suprema corte, la quale ha giudicato fondato il motivo di censura esposto dall’Istituto previdenziale.
Gli Ermellini, in particolare, hanno ribadito il principio secondo cui “l’iscrizione alla Gestione separata deve considerarsi obbligatoria per i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, l’esercizio della quale, se subordinato all’iscrizione ad un albo, non sia soggetto ad un versamento agli enti previdenziali di riferimento che sia suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata posizione previdenziale”.
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