Differentemente che nel processo civile, in quello tributario sono ammissibili nuovi mezzi di prova introdotti in appello.
Più precisamente, nel processo tributario, alla luce del principio di specialità di cui all’art. 1 comma 2 D.Lgs. n. 546/1992 - in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria, prevale quest'ultima - non trova applicazione la preclusione di cui all'art. 345 comma 3 c.p.c., essendo la materia regolata dall'art. 58, comma 2, del citato D.Lgs., che consente alle parti di produrre liberamente i documenti anche in sede di gravame, sebbene preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado.
A ribadirlo, la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, con ordinanza n. 5491 del 3 marzo 2017, accogliendo il ricorso di un Ente di riscossione.
Quest’ultimo in particolare, si era opposto alla pronuncia con cui era stato accolta l’istanza di una contribuente avverso un avviso di intimazione Irpef e Iva, sull’errato presupposto – come conferma la Corte Suprema – che non fosse ammissibile la produzione documentale fatta in secondo grado dall’appellante (contumace nel primo) delle copie notificate delle cartelle di pagamento.
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