La Corte di Cassazione, terza sezione penale, ha confermato la legittimità del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, di beni mobili ed immobili appartenenti ad un imprenditore indagato, ex artt. 4 e 11 D. Lgs 74/2000, per aver omesso di dichiarare elementi reddituali a lui pervenuti, tramite rimesse bancarie operate nei confronti di società straniere.
Il Tribunale del riesame aveva dapprima annullato detta misura cautelare, sulla scorta della considerazione secondo cui la presunzione di attrazione a reddito delle rimesse bancarie, non dichiarate in sede di denunzia dei redditi e delle quali l’interessato non abbia saputo dare una giustificazione di irrilevanza tributaria, poteva essere valida in ambito strettamente tributario, ma non era idonea a fondare un giudizio di omessa dichiarazione tributaria sotto il profilo penalistico.
Di diverso avviso la Suprema Corte, secondo cui, con sentenza n. 25451 del 20 giugno 2016, le presunzioni legali previste dalle norme tributarie, pur non potendo costituire di per sé fonte di prova della commissione di reati previsti dal D. Lgs 74/2000, hanno comunque un valore indiziario sufficiente ad integrare il fumus commissi delicti idoneo, in assenza di elementi di segno contrario, a giustificare l’applicazione di una misura cautelare reale.
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