Premi di risultato senza contribuzione previdenziale

Pubblicato il 04 giugno 2021

Confermata, dalla Cassazione, la decisione con cui i giudici di merito avevano ritenuto non dovute le somme pretese dall'INPGI, per omissioni contributive, in riferimento a benefits aziendali concessi ai dipendenti di una Srl, giornalisti praticanti e professionisti, nonché relative a somme erogate mensilmente e qualificate formalmente come indennità di trasferta.

Rispetto ai premi di risultato, erogati con il sistema del cambio merce, e alla contestata omissione contributiva, la Corte di merito aveva ritenuto che il credito concesso ai dipendenti, per un massimo annuo, costituisse, in realtà, un premio di produzione, come tale assoggettabile alle agevolazioni contributive ex art. 2, comma 2 del DL n. 67/1997.

L'origine dell'attribuzione patrimoniale, nella specie, era riconducibile ad un accordo aziendale a cui la società aveva fatto riferimento per alcuni anni, rispettati i requisiti per l'esonero contributivo - il raggiungimento di incrementi produttivi alla stregua del medesimo accordo - e incontestato che detti incrementi si fossero effettivamente verificati.

In tale contesto, i giudici territoriali avevano ritenuto ininfluente che l'importo fosse uguale per tutti i dipendenti e fisso per tutti gli anni di riferimento.

Relativamente all'omissione connessa alle somme erogate mensilmente ai dipendenti giornalisti, qualificate formalmente come indennità chilometriche o di trasferta ma ritenute, dagli ispettori, emolumenti retributivi, la società aveva assolto l'onere probatorio con la produzione delle schede chilometriche e tanto escludeva che potesse reputarsi fittizio il sistema di rimborso operato dalla società.

Benefits ai dipendenti, assoggettati a contribuzione?

Contro tale statuizione aveva fatto ricorso l’Istituto di previdenza, deducendo, tra gli altri motivi, violazione o falsa applicazione di cui all'art. 360 comma 1, n. 3, c.p.c.

Secondo il ricorrente, i benefits aziendali concessi dovevano essere assoggettati a contribuzione in considerazione della modalità di erogazione del premio.

Doglianza, questa, ritenuta inammissibile dalla Suprema corte con ordinanza n. 14068 del 21 maggio 2021: l’allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa non rientrava nell'ambito applicativo dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., trattandosi di una doglianza relativa alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità.

Rigettato il ricorso dell'INPGI

Per la Corte, infatti, la denuncia di erronea interpretazione del contenuto dell'accordo aziendale, quanto alla possibilità di fruire del bonus, andava necessariamente veicolata, nel giudizio di cassazione, attraverso la denuncia di violazione delle regole del codice civile in materia di interpretazione dei contratti.

E il sindacato di legittimità su tali contratti avrebbe potuto promuoversi a condizione, peraltro, che i motivi di ricorso non si fossero limitati a contrapporre una diversa interpretazione rispetto a quella del provvedimento gravato, ma avessero prospettato, sotto molteplici profili, l'inadeguatezza della motivazione anche con riferimento alle norme del codice civile di ermeneutica negoziale come canone esterno di commisurazione dell'esattezza e congruità della motivazione stessa.

Erano, conseguentemente, inconferenti anche le ulteriori doglianze dell'INPGI, volte a censurare, per motivazione asseritamente inesistente o apparente la sentenza impugnata, sempre in riferimento al contenuto e all'applicabilità dell'accordo per gli anni successivi alla sottoscrizione del medesimo.

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