L'Esecutivo vara il Programma (o Piano) Nazionale di Riforma - PNR - allegato al DEF, con obiettivo il miglioramento del saldo di bilancio. L’elevato livello attuale di debito pubblico ha imposto al Governo un impegno al conseguimento di “ambiziosi obiettivi” che diano corpo alla strategia di rientro.
Su questo il ministro Gualtieri: "tanto maggiore sarà la credibilità della strategia di rilancio della crescita potenziale e di miglioramento strutturale del bilancio, tanto minore sarà il livello dei rendimenti sui titoli di Stato".
Un passo indietro. Nel quadro generale europeo delineato dalla Strategia di Lisbona, rappresentato dalle “Linee guida integrate”, gli Stati Membri devono presentare i PNR che, con valenza triennale, individuano le priorità accorpando in 3 macro aree le 24 linee guida:
- la prima parte riguarda le misure macroeconomiche e di politica di bilancio;
- la seconda include le riforme strutturali e microeconomiche;
- la terza riguarda le politiche del lavoro.
La valutazione dei progressi compiuti nell’attuazione delle politiche descritte nei PNR è effettuata dalla Commissione, sulla base di Rapporti sullo stato di attuazione dei PNR predisposti annualmente dai singoli Stati. Il Consiglio europeo, recependo la valutazione della Commissione, verifica i progressi compiuti rispetto agli obiettivi di Lisbona, attribuendo giudizi sul grado di realizzazione delle riforme raggiunto da ciascun Paese e rivolgendo specifiche Raccomandazioni.
Normalmente, il PNR viene trascurato. Oggi segna la linea del "Recovery Plan" del nostro Paese, che in autunno varrà per i fondi comunitari benché i primi effetti del Piano debbano concretizzarsi nell’immediato rispetto al debito.
Le attese del momento sono sull’aumento di deficit per finanziare il decreto c.d. “anticrisi”, il cui limite è stato stabilito in 20 miliardi.
Il Programma di Riforma, teso a rispondere alle recenti Raccomandazioni all’Italia del Consiglio Europeo, vuol essere anche, forse soprattutto, un documento rassicurante sul debito pubblico perché punta sul rilancio della crescita attraverso investimenti pubblici da riportare sopra il 3% del Prodotto interno lordo (ora ad un preoccupante 1,7%) in quattro anni, con ausilio del “Recovery Fund” e mirando ad una nuova “spending review” in cui siano previsti la riforma delle partecipate, il riordino delle spese fiscali e il taglio dei sussidi “ambientalmente dannosi”.
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