E’ legittima la personalizzazione del danno oltre la percentuale prevista dalle tabelle del Tribunale di Milano – nella specie, il 50% in più – qualora il giudice vi abbia provveduto in considerazione di plurimi elementi, tra cui, la peculiare gravità delle lesioni e degli esiti permanenti delle stesse derivati, nonché l’incidenza della invalidità permanete sulla qualità della vita (nella specie pari all’85%, con impossibilità di deambulazione e di attendere autonomamente a molte altre attività fisiologiche).
La pronuncia della Corte d’appello che in tal modo argomenti, deve dirsi dunque giuridicamente corretta, in quanto, oltre a non incorrere in una affermazione in re ipsa del danno conseguenza, risulta coerente con la natura eminentemente equitativa della liquidazione (artt. 1126 e 2056 c.c.) che attiene al danno non patrimoniale della persona (2059 c.c.), laddove le circostanze peculiari del caso concreto devono guidare il giudice nel modulare siffatta liquidazione per addivenire alla personalizzazione.
Sicché la standardizzazione risarcitoria prevista con le tabelle di Milano – che opera in funzione delle conseguenze normali ed ordinarie del pregiudizio considerato – va adattata al caso concreto.
E ciò è possibile in forza di idoneo supporto motivazionale, anche in base a percentuali di aumento ivi non indicate, non potendo tali percentuali (e le tabelle stesse) essere ritenute cogenti al pari della normativa primaria, ma soltanto un parametro di uniformità della liquidazione equitativa.
E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, terza sezione civile, con sentenza n. 12146 del 14 giugno 2016.
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