Pericolosità sociale da verificare anche nel momento di esecuzione della pena

Pubblicato il 07 dicembre 2013 Con sentenza n. 291 del 6 dicembre 2013, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 12 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 contenente “Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità”, e dell'articolo 15 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, cosiddetto “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136”, nella parte in cui entrambi gli articoli non prevedono che, nel caso in cui l'esecuzione di una misura di prevenzione personale resti sospesa a causa dello stato di detenzione per espiazione di pena della persona ad essa sottoposta, l'organo che ha adottato il provvedimento di applicazione debba valutare, anche d'ufficio, la persistenza della pericolosità sociale dell'interessato nel momento dell'esecuzione della misura.

Secondo la Consulta, dunque, la pericolosità sociale della persona detenuta per lungo periodo deve essere verificata anche al termine della detenzione.

Ed infatti – si legge nel testo della decisione - “il decorso di un lungo lasso di tempo può cambiare le persone e, quindi, non può presumersi che rimanga intatta la pericolosità valutata al momento iniziale”. È, dunque, incostituzionale eseguire una misura di prevenzione applicata molti anni prima sulla base della valutazione di pericolosità iniziale.

Con altra pronuncia, la n. 293, emessa sempre il 6 dicembre 2013, i giudici costituzionali hanno, invece, dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 309 del Codice di procedura penale, “in quanto interpretato nel senso che la deducibilità, nel procedimento di riesame, della retrodatazione della decorrenza dei termini di durata massima delle misure cautelari, prevista dall'articolo 297, comma 3, del medesimo codice, sia subordinata – oltre che alla condizione che, per effetto della retrodatazione, il termine sia già scaduto al momento dell'emissione dell'ordinanza cautelare impugnata – anche a quella che tutti gli elementi per la retrodatazione risultino da detta ordinanza”.
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