E' stata depositata il 13 luglio 2016 la sentenza n. 173 della Consulta sulla questione di legittimità del contributo di solidarietà sulle “pensioni d’oro” (che superano i 91mila euro annui), introdotto per il triennio 2014-2016 dalla legge di Stabilità 2014 (legge 147/2013).
Il contributo di solidarietà chiesto ai pensionati d'oro è costituzionale, perché: resta nel sistema previdenziale (lo percepisce l'Inps, non lo Stato); è giustificato dalla crisi; incide sulle pensioni più elevate; è una tantum.
Il prelievo, anche se al limite delle condizioni per la costituzionalità, è “giustificato in via del tutto eccezionale dalla crisi contingente e grave del sistema”, ma “non può essere ripetitivo e tradursi in un meccanismo di alimentazione del sistema di previdenza”.
Non è tutto: potrebbe anche essere riproposto, se entro i limiti fissati dalla giurisprudenza costituzionale (l’eccezionalità, la temporaneità e la ragionevolezza).
Le condizioni rispettate:
opera all’interno del complessivo sistema della previdenza;
è stato imposto dalla crisi contingente e grave del sistema previdenziale;
incide sulle pensioni più elevate (in relazione alle pensioni minime);
ha un’incidenza sostenibile (anche in ragione della sua temporaneità e pur comportando un innegabile sacrificio);
rispetta il principio di proporzionalità;
viene utilizzato come misura una tantum.
La Corte si è anche soffermata sulle differenze tra il contributo previsto dalla legge Letta e il precedente della legge Berlusconi, bocciata dalla Consulta con sentenza n. 316 del 2013. Sono, in sostanza differenti sia i presupposti che le finalità. Si spiega che il contributo non è destinato alla fiscalità generale, ma è prelevato in via diretta da Inps o altri enti previdenziali coinvolti, che non lo trasferiscono all’Erario ma lo trattengono all’interno delle proprie gestioni con specifiche finalità solidaristiche endo-previdenziali.
Passa anche la disciplina della rivalutazione automatica delle pensioni in argomento in misura progressivamente decrescente dal 100 al 40%. Ed anche qui la differenza del blocco della rivalutazione, bocciato con la sentenza n. 70 del 2015: la Corte ravvisa ora un blocco integrale della rivalutazione, ma una misura di rimodulazione della percentuale di perequazione automatica, che rientra in leciti “criteri di progressività, parametrati sui valori costituzionali della proporzionalità e della adeguatezza dei trattamenti di quiescenza”.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".