Pensione reversibilità: ripartizione tra coniuge divorziato e superstite

Pubblicato il 30 aprile 2020

Come va ripartito il trattamento di reversibilità in caso di concorso fra coniuge divorziato e coniuge superstite aventi entrambi i requisiti per la relativa pensione?

Pensione di reversibilità: criteri di ripartizione 

Secondo la Corte di cassazione, la ripartizione della pensione di reversibilità deve essere effettuata sulla base del criterio della durata dei rispettivi matrimoni nonché ponderando ulteriori elementi correlati alla finalità solidaristica che presiede tale trattamento.

Questi elementi vanno individuati facendo riferimento all’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge e alle condizioni economiche dei due, nonché alla durata delle rispettive convivenze prematrimoniali.

In ogni caso, tutti tali aspetti non devono necessariamente concorrere, né vanno considerati in uguale misura in quanto la valutazione in concreto della loro rilevanza rientra nell’ambito del prudente apprezzamento del giudice di merito.

Detti assunti sono stati ribaditi nel testo dell’ordinanza n. 8263 del 28 aprile 2020, pronunciata dalla sezione Lavoro della Cassazione in adesione al consolidato orientamento enunciato, in materia, dalla giurisprudenza di legittimità, nonché alla luce della sentenza interpretativa della Corte costituzionale n. 419/1999.

In quest’ultima decisione, in particolare, era stato affermato che la mancata considerazione di qualsiasi elemento correttivo nell’applicazione del criterio matematico di ripartizione renderebbe possibile, paradossalmente, che il coniuge superstite consegua una quota di pensione del tutto inadeguata alle più elementari esigenze di vita, mentre l’ex coniuge potrebbe conseguire una quota di pensione del tutto sproporzionata in confronto all’assegno in precedenza goduto.

Convivenza prematrimoniale da valutare come correttivo

Nel caso esaminato, è stata annullata, con rinvio, la decisione con cui la Corte d’appello, rispetto a una domanda di ripartizione del trattamento di reversibilità fra coniuge divorziata e coniuge superstite, aveva riconosciuto alla prima una quota pari ai due terzi del trattamento spettante alla seconda, ritenendo, di fatto, che si dovesse considerare il periodo di durata dei rispettivi matrimoni senza considerare ulteriori elementi di valutazione.

In particolare, i giudici di secondo grado avevano considerato che la convivenza prematrimoniale della divorziata non potesse essere integralmente valutata quale indice sintomatico della funzione di sostegno economico assolta dal dante causa in quanto in parte coincidente con il periodo di durata della separazione legale.

La convivenza – a detta, invece, degli Ermellini – non poteva essere artificialmente parcellizzata solo per tale ultimo motivo.

Essa, infatti, seppure in parte coincidente con il periodo di separazione legale, avrebbe dovuto essere valutata come correttivo del risultato derivante dalla rigida applicazione del criterio principale.

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