Contribuente libero di “autovalutare” le condizioni oggettive
Il mancato superamento del test di operatività e/o delle perdite sistematiche determina alcune penalizzazioni in capo al contribuente, sia ai fini Ires/Irpef, che ai fini Iva, senza dimenticare l’Irap. Relativamente alle imposte sui redditi vi è l'obbligo di dichiarare un reddito non inferiore a quello minimo presunto, ai fini Irap vi è l'obbligo di dichiarare un valore della produzione netta non inferiore a quello minimo presunto, e ai fini Iva si determina l'impossibilità di chiedere a rimborso, utilizzare in compensazione o cedere l'eccedenza risultante dalla dichiarazione.
L’eventuale adeguamento al reddito minimo presunto non consente di “sfuggire” alle penalizzazioni che peraltro non sono alternative tra loro, ma trovano tutte contemporanea applicazione.
L’applicazione delle penalizzazioni previste per le società di comodo (non operative e in perdita sistematica) può essere evitata in presenza di specifiche cause disapplicative che sono previste dall’articolo 30 della Legge n. 724/1994, e da successivi provvedimenti ministeriali.
Le cause di esclusione o disapplicazione sono molteplici e presentano differenti presupposti applicativi. Il verificarsi di una delle stesse annulla le penalizzazioni previste consentendo alla società di dichiarare il reddito o la perdita effettiva e inoltre di utilizzare il credito Iva in compensazione orizzontale con altri tributi.
Un primo gruppo di cause riguarda quelle di esclusione previste nell’articolo 30 della Legge 724/1994, che possono essere utilizzate per le fattispecie di società di comodo e devono essere verificate nel periodo d’imposta 2015 (da indicarsi nella casella 1 del rigo RS116 del modello Unico 2016 SC).
A titolo esemplificativo in tale gruppo rientrano:
i soggetti i quali per la particolare attività svolta sono obbligati a costituirsi sotto forma di società di capitali;
i soggetti che si trovano nel primo periodo di imposta;
le società in amministrazione controllata o straordinaria;
le società esercenti pubblici servizi di trasporto;
le società con un numero di soci non inferiore a 50;
le società che nei due esercizi precedenti hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità;
le società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione giudiziaria, di liquidazione coatta amministrativa ed in concordato preventivo;
le società che presentano un ammontare complessivo del valore della produzione (raggruppamento A del conto economico) superiore al totale attivo dello stato patrimoniale;
le società partecipate da enti pubblici almeno nella misura del 20 per cento del capitale sociale;
le società che risultano congrue e coerenti ai fini degli studi di settore.
Un secondo gruppo di cause è individuato nel provvedimento dell'Agenzia delle Entrate del 14 febbraio 2008, che contiene alcune cause di disapplicazione riferite solamente alle società non operative, e quindi da verificare nel periodo d’imposta 2015 (da indicare nella casella 2 del rigo RS116 del modello Unico 2016 SC).
Alcune delle cause indicate nel predetto provvedimento sono “parziali”, in quanto consentono di escludere dal test di operatività alcuni beni, a titolo esemplificativo si ricorda la detenzione di partecipazioni in società operative e l’accoglimento dell’istanza di interpello disapplicativo in precedenti periodi d’imposta senza modifica delle circostanze alla base dell’istanza.
Un terzo gruppo fa invece riferimento al provvedimento direttoriale dell'11 giugno 2012 e riguarda esclusivamente le società in perdita sistematica.
In tale gruppo rientrano ad esempio, le società congrue e coerenti con le risultanze degli studi di settore, quelle che presentano un MOL (Margine Operativo Lordo) positivo, o anche le società per le quali risulta positiva la somma algebrica della perdita fiscale di periodo e degli importi che non concorrono a formare il reddito imponibile poiché esenti, esclusi o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva, oppure che beneficiano di disposizioni agevolative.
Il mancato superamento del test di operatività o delle perdite sistematiche comporta delle presunzioni relative all'imponibile minimo e delle preclusioni per il contribuente quali:
l'obbligo di dichiarare un reddito non inferiore a quello minimo presunto ai fini delle imposte sul reddito (Ires e Irpef). (Ai fini Ires è stata inoltre prevista una maggiorazione dell'aliquota pari al 10,5%);
l'obbligo di dichiarare un valore della produzione netta non inferiore a quello minimo presunto ai fini Irap;
l'impossibilità di chiedere a rimborso, utilizzare in compensazione o di cedere l'eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione ai fini Iva. Il contribuente potrà pertanto solo riportare in avanti il credito per la compensazione verticale Iva da Iva. Tuttavia se dovesse risultare non operativo per tre anni consecutivi, al termine del triennio verrebbe meno anche la possibilità di effettuare la compensazione verticale.
Ai fini delle imposte sui redditi, si presume che il reddito delle società che non superino il test di operatività e/o il test delle perdite sistematiche non sia inferiore all'ammontare della somma degli importi derivanti dall'applicazione, ai valori dei beni posseduti nell'esercizio delle seguenti percentuali determinate dall'articolo 30, comma 3 della legge 724/1994 e nello specifico:
dell'1,50 per cento del valore delle partecipazioni in società di capitali e di persone, anche in regime di Pex, strumenti finanziari, obbligazioni e crediti di finanziamento iscritti sia nelle immobilizzazioni che nel circolante;
il 4,75 per cento sul valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e navi, se iscritti tra le immobilizzazioni, anche in locazione finanziaria;
per le immobilizzazioni costituite da beni immobili a destinazione abitativa acquisiti o rivalutati nell'esercizio e nei due precedenti la predetta percentuale è ridotta al 3 per cento;
per gli immobili classificati nella categoria catastale A/10, la predetta percentuale è ridotta al 4 per cento;
per tutti gli immobili situati in comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti la percentuale è dello 0,9 per cento;
il 12 per cento sul valore complessivo delle altre immobilizzazioni, anche in locazione finanziaria. Le perdite di esercizi precedenti possono essere computate soltanto in diminuzione della parte di reddito eccedente quello minimo di cui al presente comma.
Ai fini dell'adeguamento del reddito, per salvaguardare eventuali agevolazioni fiscali previste da specifiche disposizioni di legge, il prospetto delle società di comodo da presentare nel Modello Unico nel quadro RS accoglierà oltre ai ricavi effettivi, un apposito rigo RS 124.
I soggetti interessati dovranno indicare nel suddetto rigo alla colonna 1, la somma degli importi che non concorrono a formare il reddito imponibile per effetto di tali specifiche disposizioni quali ad esempio:
proventi esenti, soggetti alla ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva;
reddito esente ai fini IRES, anche per effetto di plusvalenze realizzate ai sensi dell’art. 87 del TUIR;
dividendi che fruiscono della detassazione di cui all’art. 89 del TUIR;
l’importo pari alle quote di plusvalenza rinviate agli esercizi successivi, in virtù dell’esercizio dell’opzione di cui all’art. 86, comma 4, del TUIR.
Vi è una seconda colonna (colonna 2) in cui va indicata la quota di plusvalenza che concorre alla formazione del reddito del presente periodo d’imposta, qualora in precedenti periodi sia stata esercitata l’opzione di cui all’art. 86, comma 4, del TUIR.
Dallo scorso anno è stata inoltre introdotta nel Rigo RS 124 una nuova colonna (colonna 2), nella quale va indicato l’importo corrispondente alla variazione in aumento effettuata in dichiarazione, in relazione alla quota di plusvalenza rinviata, in virtù dell’esercizio dell’opzione di cui all’art. 86, comma 4, del TUIR e relativa alle plusvalenze patrimoniali.
In una terza colonna (colonna 3) del medesimo rigo RS 124 va indicata la differenza tra gli importi delle colonne 1 e 2, e se il risultato è negativo l'importo va preceduto dal segno meno.
Osserva – Con il chiarimento effettuato dall'Agenzia delle Entrate nella circolare n. 12 del 8 aprile 2016, le società possono indicare nel Rigo RS 124 anche i maxi-ammortamenti calcolati sui beni acquistati dal 15 ottobre 2015.
Tra le penalizzazioni previste per le società di comodo, vi è la maggiorazione pari a 10,5 punti percentuali che tali società devono applicare portando di conseguenza l’aliquota Ires al 38%
L’aliquota del 38% andrà applicata sull’intero reddito imponibile e non su quello minimo, con la conseguenza che se il reddito effettivo è superiore al reddito minimo, sarà il primo ad essere assoggettato per intero all’aliquota del 38%.
Se esistono perdite fiscali pregresse, la maggiorazione va comunque applicata al reddito complessivo al netto delle stesse, pur non potendo determinare l’utilizzo delle perdite un reddito inferiore a quello minimo previsto.
Osserva - La maggiorazione non è prevista per i soci persone fisiche delle società di persone “di comodo” che continueranno ad applicare la normali aliquote progressive sul reddito minimo.
Per le società di comodo si presume l’esistenza di un reddito imponibile pari al reddito minimo, pertanto nel periodo in cui la società risulta essere di comodo:
la perdita dell’esercizio è inesistente dal punto di vista fiscale;
le perdite degli esercizi precedenti possono essere utilizzate solo per compensare la parte di reddito imponibile eventualmente eccedente quello minimo presunto.
L'Agenzia delle Entrate con la circolare n. 25 del 4 maggio 2007, ha chiarito che se in capo al socio della società di comodo è stato trasferito per trasparenza, un reddito effettivo maggiore rispetto a quello presunto, il socio potrà sempre ridurlo mediante l’utilizzo di perdite pregresse al massimo sino a concorrenza del reddito presunto.
Il comma 4 dell’articolo 30 della Legge n.724/1994 prevede precise conseguenze ai fini Iva per le società considerate non operative, e che riguardano l’eccedenza a credito che emerge dalla dichiarazione annuale.
In particolare vi è il :
divieto al rimborso;
divieto di compensazione orizzontale;
divieto di cessione a terzi.
A queste limitazioni si aggiunge la cancellazione del credito Iva per i soggetti che risultano essere di comodo per tre anni consecutivi e che negli stessi periodi effettuano operazioni rilevanti ai fini Iva per un ammontare inferiore ai ricavi medi figurativi determinati nei tre anni.
Questa disposizione non è stata coordinata con l’ampliamento a cinque periodi d’imposta (per le dichiarazioni in perdita fiscale) sancito dal decreto legislativo n. 175/2014, ed è quindi rimasto ai fini della cancellazione del credito IVA l’originario limite triennale.
Con specifico riferimento alla possibilità di ottenere il rimborso Iva, si deve segnalare che già la Legge n. 662/1996, al comma 45 dell’articolo 3, aveva previsto per le società considerate di comodo l’impossibilità di ottenere il rimborso Iva per il periodo di imposta in cui le stesse risultano non operative.
L’eccedenza di credito Iva non può essere utilizzata per effettuare compensazioni con altri tributi (compensazione “orizzontale), né che possa formare oggetto di cessione, è possibile la sola compensazione cosiddetta “verticale”, cioè Iva su Iva.
Relativamente alla perdita definitiva del credito Iva, sono due le condizioni idonee a far scattare la non compensazione dell’Iva a credito:
la società deve essere risultata non operativa nei tre periodi di imposta precedenti;
in ciascuno dei tre periodi di imposta precedenti la società non deve aver effettuato operazioni rilevanti ai fini Iva per un importo superiore ai ricavi medi figurativi di ciascun periodo.
Le due condizioni devono verificarsi contemporaneamente e la verifica delle suddette condizioni ostative alla compensazione del credito eccedente Iva, va effettuata alla fine di ogni periodo di imposta prendendo in considerazione lo stesso ed il biennio precedente. L’eventuale limitazione avrà effetto quindi nel periodo immediatamente successivo.
Con riferimento alla fattispecie delle società in perdita sistemica ai sensi del D.L. 138/2011, applicabile come detto dal periodo d’imposta 2012 (per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare), era sorto il dubbio su quale fosse il “primo” credito Iva oggetto di limitazioni.
Con considerazioni estendibili anche per le annualità a regime, l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 1 del 15 febbraio 2013, ha chiarito, che le limitazioni all’utilizzo dell’eccedenza annuale Iva a credito di cui all’articolo 30 comma 4 primo periodo della Legge n.724/1994, si riferiscono al credito Iva risultante dalla dichiarazione annuale del periodo d’imposta relativamente al quale il soggetto è considerato “di comodo”.
Pertanto per le società non operative tradizionali si tratta del periodo d’imposta nel quale non viene superato il c.d. Test di operatività di cui al comma 1 del citato articolo 30 (con riferimento al credito Iva emergente dalla dichiarazione annuale Iva 2016 relativa all’anno 2015, in caso di mancato superamento del test di operatività in tale periodo d’imposta, le limitazioni sono scattate a partire dal 1° gennaio 2016 e cioè da quando tale credito è concretamente utilizzabile).
Per le società in perdita sistemica ciò avviene a decorrere dal sesto periodo di imposta che segue il quinquennio in perdita fiscale (o con uno dei cinque anni con reddito inferiore a quello minimo), conseguentemente, le limitazioni riguardanti il credito Iva emergente dalla dichiarazione annuale Iva 2016 relativa al periodo d’imposta 2015, sono scattate per quelle società che nel quinquennio 2010-2014 hanno avuto una situazione di perdita fiscale (o con uno solo di questi cinque anni con un reddito inferiore a quello minimo).
Nell’ambito della disciplina sulle società di comodo, la novità più rilevante è rappresentata dalla nuova disciplina in materia di interpello.
In particolare una società non operativa perché non supera il test o perché consegue perdite può inoltre “auto-disapplicarsi” la disciplina (ritenendo di essere “operativa”) ed evitare tutte le penalizzazioni previste per le società di comodo.
Questo è quanto si desume dalla circolare n. 9 del 1° aprile 2016 sulla nuova disciplina degli interpelli.
In precedenza era previsto che la società in presenza di condizioni che non hanno permesso il conseguimento dei ricavi e del reddito minimo, doveva interpellare l'amministrazione finanziaria con una istanza di interpello per chiedere la disapplicazione ai sensi dell'articolo 11 dello statuto dei diritti del contribuente.
A seguito della riforma operata con il D.Lgs. n. 156/2015, l’interpello diventa non più obbligatorio, ma il contribuente è libero di “auto-valutare” la sussistenza delle oggettive condizioni per la disapplicazione.
In sostanza pur non superando il test di operatività o avendo conseguito perdite per cinque periodi, la società può ritenersi operativa, senza presentare interpello, così da non andare incontro a tutte le penalizzazioni previste.
La possibilità di non applicare la disciplina in esame sulla base di un’autovalutazione della sussistenza delle condizioni, collegata alla eliminazione dell'interpello obbligatorio, esplica i suoi effetti sul complesso della disciplina compresa la previsione del comma 4 dell'articolo 30 (Legge 724/94) secondo cui “l'eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell'imposta sul valore aggiunto non è ammessa al rimborso né può costituire oggetto di compensazione”.
Ciò comporta che le società che ritengano sussistenti le “oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi”, di cui al comma 4-bis, e intendano richiedere il rimborso Iva annuale, possono acclarare la sussistenza delle oggettive situazioni presentando una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ai sensi degli articoli 47 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sottoscrivendo il previsto campo del quadro VX della dichiarazione IVA.
Relativamente alle novità sull'istanza dell'interpello prevista dalla circolare 9 del 2016, vi è che l'amministrazione ha 120 giorni di tempo per rispondere all’istanza (e non più 90), e non vige più la regola del “tempo utile”, prevista per le istanze di interpello in passato qualificate come “disapplicative”, in forza della quale le istanze dovevano essere presentate 90 o 120 giorni prima del termine di scadenza del termine di presentazione della dichiarazione.
Se il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi è il 30 settembre, è possibile presentare istanza di interpello per le società di comodo entro lo stesso termine, in quanto non è necessario concedere all’Agenzia delle Entrate il termine di 120 per la risposta.
La procedura è inoltre disciplina dal provvedimento del 4 gennaio 2016 che prevede anche l’invio a mezzo PEC. L’istanza va presentata alla Direzione Regionale competente inoltre è previsto il silenzio-assenso in caso di mancata risposta (in passato non era previsto).
L’eventuale risposta negativa all’istanza di interpello è ora, per espressa disposizione normativa, non impugnabile.
É importante ricordare che la mancata presentazione dell'interpello, cosi come la risposta negativa all'interpello non seguita dall'adeguamento, devono comunque essere segnalate in Unico, a pena di pesanti sanzioni pecuniarie.
Quadro Normativo |
Provvedimento dell'Agenzia delle Entrate 14 febbraio 2008 Legge n. 724 del 23 dicembre 1994 Provvedimento Agenzia delle Entrate del 4 gennaio 2016 Circolare Agenzia delle Entrate n. 9 del 1 aprile 2016 Circolare Agenzia delle Entrate n. 12 del 8 aprile 2016 (quesito 10.3) Circolare Agenzia delle Entrate n. 25 del 4 maggio 2007 Circolare Agenzia delle Entrate n. 1 del 15 febbraio 2013 (quesito 7.2) Decreto Legge n. 138 del 13 agosto 2011 Decreto Legislativo n. 175 del 21 novembre 2014 Decreto Legislativo n. 156 del 24 settembre 2015 |
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