Partita Iva inattiva, la detrazione non è negata a priori

Pubblicato il 20 ottobre 2017

Il diniego del diritto alla detrazione dell’Iva esposta in una fattura emessa da un contribuente dichiarato “inattivo” dal Fisco è l'oggetto della sentenza depositata il 19 ottobre 2017 dalla Corte Ue (causa C-101/16)

I Giudici europei, intervenuti a dirimere una controversia sorta all'interno del diritto rumeno, si sono trovati di fronte al dilemma di dover salvaguardare due capisaldi del sistema Iva: da una parte, il riconoscimento del principio fondamentale del diritto alla detrazione; dall’altro, la lotta all’evasione fiscale.

Ferma restando l'importanza centrale degli sforzi da compiersi in materia di lotta all'evasione fiscale, i Giudici europei non hanno potuto non sottolineare l'importanza della detrazione nel meccanismo di funzionamento dell’Imposta sul valore aggiunto.

Detrazione senza limitazioni

Il meccanismo della detrazione Iva, infatti, serve proprio per sollevare l'imprenditore dall'onere dell'Imposta dovuta e pagata nelle sue attività economiche, garantendo il rispetto della neutralità dell'imposizione fiscale.

Per tali ragioni, la detrazione non può subire limitazioni e pur se assoggettata al rispetto di requisiti sia sostanziali che formali, questi ultimi - anche se disattesi - non possono impedirla, a meno che non vi sia la prova certa che la loro inosservanza pregiudichi anche il soddisfacimento dei requisiti sostanziali.

Così, per prevenire l'evasione fiscale, uno Stato può istituire meccanismi di prevenzione tra cui la chiusura delle partite Iva inattive (in Italia, ad esempio, vige l'obbligo disciplinato dall’articolo 35, comma 15-quinquies, Dpr 633/1972).

Nonostante ciò, la Corte UE - con la sentenza del 19 ottobre 2017 - specifica che: non può essere negata la detrazione dell’Iva per il solo fatto che il fornitore del servizio è una partita Iva inattiva. Resta ferma la possibilità di consentire al soggetto passivo destinatario della fattura di provare l’assenza di evasione e la perdita di gettito fiscale.

È infatti assodato – secondo la Corte – che l'Amministrazione finanziaria non può imporre ad un soggetto passivo di compiere controlli complessi e approfonditi sul suo fornitore, così come non rientra tra i suoi doveri la verifica, su internet, dell’esistenza della partita Iva del proprio partner commerciale.

Perciò, conclude la sentenza, contrasta con il diritto comunitario una norma nazionale che nega a priori il diritto alla detrazione al soggetto passivo. Deve sempre essere permesso al contribuente di dimostrare che l'operazione conclusa con l’operatore inattivo è conforme al diritto europeo e che è priva di effetti evasivi, con conseguente perdita di gettito fiscale.

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