Parità di retribuzione tra uomini e donne per stesso lavoro o di pari valore

Pubblicato il 04 giugno 2021

Il principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e lavoratrici di sesso femminile sancito dal diritto dell’Unione può essere direttamente invocato, nelle controversie tra privati, sia per uno “stesso lavoro” che per un “lavoro di pari valore”.

Stesso compenso per lavoratori di sesso diverso

La Corte di Giustizia Ue si è pronunciata su una domanda di pronuncia pregiudiziale che verteva sull’interpretazione dell’articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), sollevata nell’ambito di una controversia tra circa 6mila lavoratori e una società di rivendita al dettaglio inglese, in merito alla rivendicazione della parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici.

Il Tribunale del lavoro nazionale aveva sospeso il procedimento in oggetto per chiedere chiarimenti alla Corte europea circa l’applicazione dell’articolo in oggetto, ai sensi del quale: “ciascuno Stato membro assicura l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore”.

Veniva chiesto, in particolare, se tale disposizione potesse essere invocata quale norma ad efficacia diretta nelle controversie tra privati nelle quali è contestato il mancato rispetto del principio della parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici per un “lavoro di pari valore”.

Principio di pari retribuzione: efficacia diretta nelle cause tra privati

Con sentenza depositata il 3 giugno 2021, relativamente alla causa C-624/19, la Corte di giustizia ha fornito la corretta interpretazione dell’articolo 157 del TFUE.

Conformemente a questa disposizione – hanno spiegato i giudici europei - ciascuno Stato membro assicura l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

E’ chiaro e preciso, secondo la Corte, l’obbligo di risultato imposto dalla norma: si tratta di un obbligo con carattere imperativo tanto per quanto riguarda uno “stesso lavoro quanto con riferimento a un “lavoro di pari valore”.

In proposito, è stato richiamato quanto già sottolineato dalla giurisprudenza europea, secondo cui, atteso che l’articolo 157 TFUE ha carattere imperativo, il divieto di discriminazione tra lavoratori e lavoratrici riguarda non solo le pubbliche autorità, ma vale per tutte le convenzioni, che disciplinano in modo collettivo il lavoro subordinato nonché per i contratti fra singoli.

Secondo un orientamento costante della Corte, inoltre, tale disposizione produce effetti diretti creando, in capo ai singoli, diritti che i giudici nazionali hanno il compito di tutelare.

Si tratta, infatti, di un principio che può essere fatto valere davanti ai tribunali nazionali, in particolare nel caso di discriminazioni che traggano direttamente origine da norme o da contratti collettivi di lavoro, nonché qualora il lavoro sia svolto nella stessa azienda o ufficio, privato o pubblico.

Esso può essere invocato in cause basate su lavori di pari valore svolti da lavoratori di sesso diverso aventi lo stesso datore di lavoro e presso stabilimenti diversi di detto datore di lavoro, constituendo, quest’ultimo, un’unica fonte.

Medesimo lavoro o lavoro di pari valore, valutazione di fatto del giudice

A seguire, i giudici comunitari hanno anche evidenziato che la questione se i lavoratori interessati svolgano uno “stesso lavoro” o un “lavoro di pari valore”, come previsto all’articolo 157 TFUE, comporta una valutazione di fatto del giudice nazionale. Spetta a quest’ultimo, dunque, quale organo competente a verificare e valutare i fatti, accertare se, tenuto conto della natura concreta delle attività svolte da tali lavoratori, si possa attribuire un valore uguale a queste ultime.

Una tale valutazione deve essere comunque distinta dalla qualificazione dell’obbligo giuridico derivante dall’ art. 157, che, come rilevato, impone in modo chiaro e preciso un obbligo di risultato.

L’articolo 157 TFUE – si legge, in definitiva, nelle conclusioni della Corte di Giustizia - “deve essere interpretato nel senso che ha efficacia diretta nelle controversie tra privati in cui è dedotta l’inosservanza del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile per un «lavoro di pari valore», sancito in tale articolo”.

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