L'Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 147/2024 si occupa della richiesta di una società di diritto tedesco, non stabilita in Italia, di poter ottenere il rimborso dell'Iva sugli acquisti a seguito delle fatture ricevute da fornitori nazionali, senza aver rispettato il termine decadenziale per l’accesso al rimborso di cui all’art. 38-bis2 del DPR n. 633/72.
La società evidenzia alcuni punti chiave riguardanti la sua operatività in Italia:
- non dispone di una partita IVA italiana, ma ha un codice fiscale assegnato il 25 luglio 2018;
- ha ricevuto fatture con IVA al 22% per gli anni 2017, 2018 e 2019 da fornitori italiani, riguardanti merci vendute successivamente in Italia. Queste operazioni non hanno comportato esportazioni di merci fuori dall'Italia;
- fino ad oggi, la società non ha presentato dichiarazioni fiscali o adempiuto altre obbligazioni fiscali in Italia.
Si chiede come procedere per richiedere il rimborso dell'IVA in eccesso accumulata a seguito delle sue attività in Italia durante i periodi fiscali menzionati.
L'articolo 38-bis2 del decreto IVA del 26 ottobre 1972, n. 633, stabilisce le norme per il rimborso IVA tramite un sistema elettronico per i soggetti comunitari che hanno pagato IVA in Italia.
Dal 2010, le società di altri Stati membri devono inviare elettronicamente la richiesta di rimborso al proprio paese di origine, che la inoltrerà al Centro operativo di Pescara, responsabile per il trattamento di tali rimborsi.
I termini di presentazione sono:
Il mancato rispetto di questi termini, secondo la Direttiva 2008/9/CE, comporta la perdita del diritto al rimborso.
La norma specifica le situazioni che impediscono l'uso del portale elettronico per il rimborso:
1. presenza di una stabile organizzazione del richiedente in Italia;
2. acquisti di beni o servizi con IVA non deducibile secondo la legge italiana;
3. operazioni attive svolte in Italia, esclusi i casi di:
- trasporti e relative attività non soggette a IVA secondo l'articolo 9 del decreto IVA;
- transazioni dove il reverse charge è applicato al ricevente;
- operazioni definite dall'articolo 74 septies del decreto IVA.
In particolare, quello che in tale sede interessa è che sia l'identificazione diretta, la quale comporta l'assegnazione di una partita IVA italiana, sia la designazione di un rappresentante fiscale, non negano ai soggetti non residenti la possibilità di richiedere il rimborso IVA attraverso il portale elettronico.
Tuttavia, per poter procedere con tale richiesta, è necessario che le fatture di acquisto su cui si reclama il rimborso siano registrate a nome della partita IVA del richiedente non residente. Inoltre, queste fatture non devono essere incluse nelle liquidazioni periodiche né nella dichiarazione annuale effettuate con la partita IVA italiana.
La risposta n. 147 dell’11 luglio 2024 rappresenta che, dai fatti esaminati, negli anni specificati, l'istante abbia operato in Italia utilizzando la propria partita IVA estera e disponendo solo di un codice fiscale italiano, senza quindi una identificazione diretta o un rappresentante fiscale.
Ha condotto transazioni attive con altri soggetti imponibili, applicando il meccanismo del reverse charge, e non ha adempiuto agli obblighi fiscali in Italia, inclusa la dichiarazione.
In presenza dei detti requisiti, l'unico modo per l'istante di richiedere un rimborso sarebbe stato attraverso il portale elettronico, come previsto dall'articolo 38 bis2 del decreto IVA.
Tuttavia, i termini per richiedere i rimborsi trimestrali o annuali sono scaduti, quindi l'istante non può più recuperare l'IVA in eccedenza risultante dalle sue attività.
Inoltre:
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