Omissione contributiva e non evasione se il lavoratore è un falso autonomo
Pubblicato il 29 gennaio 2015
Nel vigore della
Legge n. 662/1996, in tema di obbligazioni contributive nei confronti delle gestioni previdenziali e assistenziali, il datore di lavoro che abbia denunziato il rapporto di lavoro quale autonomo, così come qualificato dalle parti, ed abbia provveduto al
versamento dei contributi al relativo ente previdenziale, deve pagare, in caso di obbligo contributivo successivamente riconosciuto in sede amministrativa o giudiziale, le sanzioni civili per
omissione ai sensi dell’art. 1, comma 217, lettera a), della suddetta legge e non già per
evasione contributiva.
Il suddetto principio di diritto è stato affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n.
1476 del 27 gennaio 2015 a proposito di un caso in cui un datore di lavoro aveva stipulato con un geometra un
contratto di lavoro qualificato dalle parti quale
autonomo e tale rapporto era stato denunziato alla Cassa Geometri alla quale erano stati versati i relativi contributi.
Tuttavia, a seguito di accertamento giudiziale, il rapporto di lavoro era stato
riconosciuto di natura subordinata ma, per la Suprema Corte,
questo non vale ad integrare la fattispecie dell’evasione contributiva, poiché, da un lato, dagli elementi acquisiti al processo non è risultato che vi fosse da parte della società la volontà o il deliberato proposito di occultare il rapporto di lavoro - elementi questi che, ancorché non presentì nella formulazione di cui alla Legge n. 662/96, sono desumibili dalla locuzione “evasione” cui fa riferimento tale legge e che sono stati tenuti presenti successivamente dal legislatore del 2000 nel riformulare le sanzioni civili - dall’altro, il datore di lavoro aveva, per l’appunto, regolarmente denunziato il rapporto di lavoro quale autonomo, ancorché allo stesso sia stata poi attribuita per via giudiziale una
qualificazione giuridica diversa da quella convenuta dalle parti.