La Corte di Giustizia Ue, con la sentenza del 2 maggio 2018, causa C-574/15, ha promosso le soglie di rilevanza penale per l’omesso versamento dell’Iva previste dalla riforma nazionale del diritto penale/tributario, operata dal Decreto legislativo n. 158/2015.
Secondo i giudici europei, infatti, la Direttiva Iva 2006/112/CE del Consiglio, insieme alle altre disposizioni comunitarie in materia d’Imposta sul valore aggiunto, non ostano ad una normativa nazionale che prevede una pena privativa della libertà solamente nel caso in cui l’importo Iva non versato superi una determinata soglia di rilevanza penale (250.000 euro), anche se è prevista una soglia di rilevanza penale inferiore per il reato di omesso versamento delle ritenute alla fonte relative all’imposta sui redditi.
La Corte riconosce che gli Stati membri dispongono di una libertà di scelta sulle sanzioni applicabili - che possono assumere la forma di sanzioni amministrative, di sanzioni penali o di una combinazione di entrambe - e che tali sanzioni possano avere una natura effettiva e dissuasiva finalizzata alla riscossione integrale delle entrate provenienti dall’Iva e alla tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea.
Tale discrezionalità degli Stati membri è limitata solo dalla convenzione di Bruxelles del 26 luglio 1995 (cosiddetta convenzione Tif), che impone loro di adottare misure atte a garantire che le frodi lesive degli interessi finanziari dell'Ue, comprese le frodi in materia di Iva, siano punite con sanzioni penali che comprendano, almeno nei casi di frode grave riguardanti cioè un importo che gli stati membri non possono fissare oltre 50.000 euro, pene detentive che possono comportare l'estradizione.
Tuttavia, la Corte riconosce che il reato di omesso versamento Iva (disciplinato dall’articolo 10-ter del DLgs. 74/2000) non rientri tra le “frodi gravi” e né può essere considerato un “beneficio”, in quanto l'imposta rimane dovuta e la condotta omissiva costituisce un illecito sanzionabile.
Pertanto, si deve escludere che siano necessarie sanzioni penali per punire gli omessi versamenti dell'Iva dichiarata. Queste violazioni, infatti, configurano comunque attività illegali lesive degli interessi finanziari dell'Ue e, quindi, vanno punite in modo effettivo e dissuasivo.
La normativa italiana che prevede al riguardo la sanzione del 30%, riducibile ad un terzo nel caso di pagamento entro trenta giorni, oltre che l'obbligo di corrispondere gli intessi moratori, secondo la Corte, soddisfa tali requisiti, trattandosi di penalità effettive, dissuasive ed efficaci, pensate in modo da stimolare il trasgressore ad adempiere più rapidamente possibile.
Pertanto, secondo la Corte di giustizia Ue, la normativa italiana sull'omesso versamento dell'Iva è conforme all'ordinamento dell'Ue e la fissazione della soglia penale a 250.000 euro, più elevata rispetto a quella prevista per il mancato versamento delle ritenute Irpef, non contrasta con i principi di effettività e di equivalenza, né con le direttive in materia di Iva e di tutela degli interessi finanziari dell'Unione.
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