Illegittima la modifica con cui il legislatore delegato del 2015 ha introdotto, nell’art. 10-bis del D. Lgs. 74/2000, una nuova fattispecie penale (omesso versamento di ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione del sostituto), affiancandola a quella già esistente (omesso versamento di ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti), senza essere autorizzato a farlo dalla legge di delega: sarebbe stato necessario un criterio preciso e definito per poter essere rispettoso anche del principio di stretta legalità in materia penale.
E' quanto puntualizzato dalla Corte costituzionale nel testo della sentenza n. 175 del 14 luglio 2022, pronunciata nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, lettera b), del Decreto legislativo n. 158/2015 promosso dal Tribunale ordinario di Monza in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, 76, 77, primo comma, della Costituzione.
Nel dettaglio, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata nella parte in cui ha inserito le parole "dovute sulla base della stessa dichiarazione o" nel testo dell’art. 10-bis del D. Lgs. n. 74/2000 e dello stesso art. 10-bis limitatamente alle parole "dovute sulla base della stessa dichiarazione o".
In via consequenziale, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, lettera a), del medesimo decreto del 2015, e dell’art. 10-bis del D. Lgs. n. 74/2000 limitatamente alle parole "dovute o" contenute nella rubrica della disposizione.
Secondo i giudici costituzionali, il legislatore delegato non poteva intervenire in un dibattito giurisprudenziale ancora in corso "per offrire un “soccorso normativo” alla tesi di maggior rigore, secondo cui era sufficiente, sul piano probatorio, che le ritenute risultassero dalla dichiarazione perché potesse ritenersi provato il rilascio delle relative certificazioni ai sostituiti".
La sua scelta, infatti, risulta in contrasto con gli artt. 25, secondo comma, 76 e 77, primo comma, Cost., non essendo sorretta dai principi e dai criteri direttivi della delega legislativa.
Da segnalare che - per come precisato nelle conclusioni della decisione - per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale in esame viene ripristinato il regime vigente prima del D.lgs. n. 158/2015, introduttivo della disposizione censurata.
Ne discende che, da una parte, l’integrazione della fattispecie penale dell’art. 10-bis richiede che il mancato versamento da parte del sostituto, per un importo superiore alla soglia di punibilità, riguardi le ritenute certificate.
Dall’altra, il mancato versamento delle ritenute risultanti dalla dichiarazione, ma delle quali non c’è prova del rilascio delle relative certificazioni ai sostituiti, costituisce illecito amministrativo tributario.
La stessa Corte, su questo assetto del regime sanzionatorio, ha evidenziato come non sia privo di rilievo il recente sviluppo della giurisprudenza della Corte di cassazione a Sezioni unite civili (n. 10378/2019), secondo cui, nel caso in cui il sostituto ometta di versare le somme, per le quali ha operato le ritenute, il sostituito non è tenuto in solido in sede di riscossione, atteso che la responsabilità solidale è espressamente condizionata alla circostanza che non siano state effettuate le ritenute.
In questa prospettiva - ha concluso la Consulta - "il rilascio della relativa certificazione da parte del sostituto sta, quindi, perdendo quella valenza che in passato consentiva di identificare una fattispecie più grave, sanzionata penalmente, rispetto a una meno grave, sanzionata solo in via amministrativa".
E' compito, quindi, del legislatore "rivedere tale complessivo regime sanzionatorio per renderlo maggiormente funzionale e coerente".
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