Condannato l’imprenditore che, stante la crisi economico finanziaria della società, con le poche risorse disponibili ha scelto di mantenere e pagare i dipendenti piuttosto che saldare i suoi debiti con l’Erario.
E’ quanto enuncia la Corte di Cassazione, terza sezione penale, confermando la condanna, a carico dell’amministratore di una s.r.l., per i reati di cui agli artt. 10 bis e 10 ter D.Lgs. n. 74/2000 (omesso versamento dell’Iva e delle ritenute).
A nulla sono valse le censure dell’imprenditore ricorrente, secondo cui i giudici di merito, nel sancirne la condanna, non avevano adeguatamente valutato la condizione finanziaria della società amministrata, che di fatto gli aveva impedito i versamenti dell’Iva e delle ritenute sulle retribuzioni dei dipendenti. Né avevano considerato come, nonostante ciò, l’imputato si fosse prontamente attivato per salvaguardare i dipendenti e l’attività di impresa, mettendo a disposizione persino il suo patrimonio personale.
Rammenta in proposito la Corte Suprema che, al fine di dimostrare l’assoluta impossibilità di provvedere ai pagamenti omessi, occorre l’allegazione e la prova della non addebitabilità all'imputato della crisi economica che abbia investito l’impresa e della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità che ne sia conseguita tramite il ricorso a misure idonee da valutarsi in concreto. Per escludere la volontarietà della condotta, in altre parole, è dunque necessaria la dimostrazione della riconducibilità dell’inadempimento delle obbligazioni verso l’Erario a fatti non imputabili all'imprenditore, che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà.
Ora nel caso di specie – precisa la Corte con sentenza n. 29544 del 14 giugno 2017 – la crisi economico finanziaria che investì l’impresa in questione, non fu affatto improvvisa né imprevedibile, avendo avuto inizio anni addietro, con una progressiva riduzione di fatturato. Né l’imputato ha dimostrato le iniziative via via adottate nel corso di tale declino, onde dimostrare l’incolpevolezza della crisi di liquidità che gli avrebbe impedito in modo assoluto di adempiere l’obbligazione tributaria. Detto inadempimento, anzi, risulta proprio sulla base della prospettazione difensiva dell’imputato, riconducibile ad una sua precisa scelta imprenditoriale e non ad una obiettiva situazione di impossibilità, dato che egli, in presenza di una crisi economico – finanziaria, scelse consapevolmente di mantenere i medesimi livelli occupazionali e retributivi, senza perseguire altre vie per fronteggiare la crisi e ripartirne il peso in modo omogeneo ed equilibrato.
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