E’ necessaria la prova del dolo specifico di evasione per disporre la confisca per equivalente a carico del contribuente, in caso di omissione della presentazione della denuncia fiscale da parte del commercialista.
In base a tale principio, la Corte di cassazione, con sentenza n. 37352 dell’11 settembre 2019, ha accolto il ricorso del contribuente, annullando la pronuncia della Corte territoriale.
Il ricorrente aveva lamentato gravi errori di diritto in quanto i giudici di secondo grado avevano ravvisato il dolo nel fatto stesso dell’omissione della dichiarazione, mentre deve darsi prova della preordinata omessa dichiarazione all'evasione dell'imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale.
In particolare, i magistrati di cassazione fanno presente che, nell’ambito dei reati tributari, la prova del dolo specifico di evasione, per il delitto di omessa dichiarazione (art. 5, Dlgs. n. 74/2000), non proviene dalla semplice violazione dell'obbligo dichiarativo né dal fatto che il cliente dovesse vigilare sull’operato del professionista, che tramuterebbe la fattispecie da dolosa in colposa, bensì da fatti che dimostrino che l’obbligato ha, con consapevolezza, preordinato l’omessa dichiarazione diretta ad evadere le imposte per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale.
Pertanto, il dolo specifico di evasione è connotato dalla deliberata intenzione di sottrarsi al pagamento delle imposte, essendo consapevole del fine e del mezzo illecito. Va annullata, quindi, la confisca sui beni del contribuente.
Diversamente, la sentenza della Corte territoriale ha fondato la condanna sul fatto che l’omessa presentazione della dichiarazione impediva la liquidazione delle imposte con conseguente innegabile vantaggio per il contribuente.
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