Le nuove disposizioni previste dalla IV Direttiva UE
Le modalità di adempimento degli obblighi antiriciclaggio, anche da parte dei professionisti, saranno destinate a subire in breve tempo ulteriori e significative modifiche per effetto di nuove disposizioni comunitarie. Infatti con il recepimento della IV Direttiva n. 2015/849/UE (Direttiva antiriciclaggio), approvata di recente dal Parlamento Europeo, molte saranno le novità relativamente agli adempimenti sull'antiriciclaggio.
Tra gli aspetti rilevanti, vi è ad esempio la previsione di registri centrali, presenti in tutti i Paesi, nei quali sono riportate le informazioni dei titolari effettivi. Tali registri saranno accessibili non solo alle autorità e alle loro unità d'informazione finanziaria, ma anche ai soggetti chiamati al rispetto degli obblighi di adeguata verifica del cliente, nonché agli altri soggetti.
Un altro aspetto importante riguarda le sanzioni: gli Stati membri, in particolare, devono assicurare che siano previste specifiche sanzioni e misure amministrative per le violazioni gravi, reiterate, e sistematiche.
LA IV DIRETTIVA ANTIRICICLAGGIO
La IV Direttiva antiriciclaggio (1), approvata dal Parlamento Europeo, recepisce le raccomandazioni adottate dal gruppo di azione finanziaria internazionale [FATF-GAFI (2)] nel febbraio 2012, tenendo in considerazione un quadro europeo in continua evoluzione, e cercando di rendere più efficace l’azione di contrasto alla “criminalità economica”.
La norma rafforza una serie di aspetti che interessano i soggetti coinvolti - quindi anche i professionisti - con l'intento di garantire che la valutazione del rischio di riciclaggio sia effettuata ad un livello opportuno per consentirne l’adeguamento alle diverse situazioni e ai diversi soggetti.
Il testo della Direttiva deriva anche da una intensa attività di confronto tra le delegazioni dei Paesi UE, che evidenziando vari profili di criticità, hanno portato a proposte di modifica in sede comunitaria. Come risultato, vi è stata l'esigenza di armonizzare le misure antiriciclaggio che dovranno essere il più possibile omogenee negli Stati destinatari.
Il legislatore comunitario si è inoltre posto l’obiettivo di assicurare una maggiore coerenza tra le norme nazionali (mediante una loro attuazione flessibile) ed anche una maggiore coerenza dell’approccio comunitario con quello adottato a livello internazionale, ampliando l'ambito applicativo.
Un altro obiettivo operativo è stato quello di migliorare la tracciabilità finanziaria dei pagamenti in contanti di importo elevato, i quali sono oggetto di una maggiore vigilanza, perché ritenuti sensibilmente esposti al rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.
L'approccio basato sul rischio
Una particolare attenzione è rivolta all’approccio incentrato sul rischio, in quanto è ritenuto il più adeguato per far fronte alle nuove minacce emergenti consentendo di graduare l’intervento, ricorrendo:
Nota bene – Relativamente alla decorrenza delle nuove disposizioni, la Direttiva 2015/849 abroga le Direttive 2005/60/CE e 2006/70/CE con effetto dal 26 giugno 2017. Entro tale data, gli Stati membri dovranno recepire i contenuti di tale Direttiva che in Italia saranno introdotti con decreto legislativo, andando a modificare il D.lgs. 231/2007 sull'antiriciclaggio, attualmente in vigore.
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(1) Si tratta della Direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la Direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la Direttiva 2006/70/CE della Commissione (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 5 giugno 2015).
(2) E' l'organismo internazionale che definisce gli standard internazionali per il contrasto di riciclaggio del denaro e del finanziamento del terrorismo.
AMBITO APPLICATIVO
Relativamente all’ambito di applicazione delle nuove disposizioni, non cambiano i soggetti destinatari della stessa, che sono individuati dall’art. 2, mentre viene abbassata la soglia prevista per l’applicazione della Direttiva ai soggetti che negoziano beni. Tale soglia da 15.000 euro passa a 10.000, sempre che il pagamento sia effettuato o ricevuto in contanti e indipendentemente dalla circostanza che la relativa transazione sia effettuata con un’operazione unica o con operazioni diverse che però appaiano tra loro collegate (3).
Gli stati membri possono tuttavia, facoltativamente, prevedere soglie più basse o limitazioni supplementari di ordine generale all’uso del contante, e anche ulteriori disposizioni più rigorose.
Osserva – Si osserva che la citata modifica impatta in modo poco significativo sul nostro sistema, atteso che ai sensi dell’art. 49 del D.lgs. 231/2007 le transazioni in contanti sono già vietate per importi pari o superiori a 1.000 euro.
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(3) L’inclusione dei predetti soggetti nell’alveo applicativo della normativa antiriciclaggio si rende necessaria per aumentare la vigilanza e mitigare i rischi associati a tali pagamenti.
L’inclusione dei reati fiscali
La Direttiva ha incluso tra i reati gravi che possono configurare “attività criminosa”, ai sensi dell’art. 3, co. 4, lett. f), i reati fiscali relativi a imposte dirette e indirette.
Ciò risponde ad una esigenza di allineamento con quanto previsto nelle raccomandazioni del GAFI, tuttavia non essendo prevista l’armonizzazione a livello comunitario della nozione di reato fiscale, la Direttiva invita gli Stati membri a consentire, per quanto possibile ai sensi delle rispettive legislazioni interne, lo scambio di informazioni, ovvero la prestazione di assistenza tra le Unità di informazione finanziaria dell’Unione (FIU – Financial Informations Units).
Si evidenzia che la Commissione Europea (anche se risulterebbe utile) non ha dato una definizione di “reato fiscale” comune a tutti gli Stati membri, anche solo limitatamente ai fini della disciplina di prevenzione del riciclaggio, indipendentemente dalla normativa penale-tributaria di cui ciascun Paese è dotato, e dalla sanzione che lo stesso ritiene di dover applicare.
L'ordinamento italiano
Nel sistema italiano, vige ormai l’interpretazione secondo la quale l’obbligo di segnalazione di operazioni sospette debba estendersi ai reati tributari, che rilevano anche nell’ipotesi di “autoriciclaggio”.
Al superamento delle soglie di punibilità previste ex lege, ai fini della segnalazione, rilevano non solo gli illeciti che sono caratterizzati da comportamenti artificiosi e fraudolenti, ma anche quelli non connotati da un intento frodatorio, come ad esempio l’omesso versamento di Iva e delle ritenute.
Nell'ordinamento italiano, infatti, non vale la tesi secondo la quale il concetto di “provenienza” del denaro dovrebbe essere inteso in senso riduttivo, cioè limitatamente al denaro che effettivamente ha fatto ingresso nelle casse dell’impresa e non, al contrario, esteso anche al risparmio d’imposta.
Tuttavia dei cambiamenti vi sono stati con l'inserimento del reato di autoriciclaggio nel codice penale (4), dovuto sia a motivi di armonizzazione con la disciplina degli altri paesi comunitari, sia alla necessità di allineare il sistema penale alla normativa antiriciclaggio vigente che aveva introdotto la fattispecie dell'autoriciclaggio ma solo ai fini amministrativi (D.lgs 321/2007).
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(4) L’art. 648-ter.1, c.p. (Autoriciclaggio), introdotto dalla legge 15 dicembre 2014, n. 186 recita: Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa. Si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. Si applicano comunque le pene previste dal primo comma se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso con le condizioni o le finalità di cui all’articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni.
LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO
L'utilizzo dell'approccio basato sul rischio viene ritenuto indispensabile dal legislatore europeo che, muovendo dalla considerazione che il rischio di riciclaggio/finanziamento del terrorismo non è sempre lo stesso, prevede l'adozione di un approccio unitario sovranazionale. Sono riconosciute a tal fine, a livello internazionale le autorità di vigilanza (AEV) con il compito di emanare pareri sui rischi a cui è esposto il settore finanziario dell'unione. Queste sono:
Per garantire la stabilità del sistema economico e finanziario, la Commissione Europea dovrà effettuare una relazione entro il 26 giugno 2017 sui rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo il cui contenuto minimo deve riguardare:
Tale relazione dovrà aiutare gli stati membri nell'individuazione e nella gestione del rischio di riciclaggio/finanziamento del terrorismo e per consentire alle parti interessate di comprendere meglio i rischi in questione. La Commissione dovrà anche formulare raccomandazioni agli Stati membri sulle misure più idonee per affrontare i rischi individuati.
Osserva – Anche le Autorità di vigilanza (AEV) entro il 26 dicembre 2016 dovranno emanare un parere sui rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo che gravano sul settore finanziario dell'Unione.
A livello statale si dovrà designare un'autorità che coordini la risposta nazionale ai rischi sopra citati, notificandone l'identità alla Commissione, alle AEV e agli Stati membri. Si devono individuare le aree di maggiore/minore rischio di riciclaggio e/o finanziamento del terrorismo e i settori in cui si devono applicare misure rafforzate.
Si dovranno, inoltre, definire le risorse da destinare alle attività di contrasto, e predisporre una normativa adeguata per ogni settore o area, in funzione del corrispondente rischio.
L'ADEGUATA VERIFICA DELLA CLIENTELA
La Direttiva prevede che gli Stati membri richiedano ai destinatari della normativa di effettuare la verifica dell'identità del cliente e del titolare effettivo, prima che si instauri il rapporto o che si svolga la transazione.
Tuttavia - in alcuni casi - tale verifica potrà essere effettuata anche nel corso del rapporto o in fase di svolgimento della transazione, per non comprometterne l'esecuzione, e sempre che il rischio di riciclaggio/finanziamento del terrorismo sia minimo.
Le misure di adeguata verifica della clientela, oltre che nelle ipotesi già previste dalla normativa vigente, dovranno applicarsi anche:
Nelle determinazione delle misure di adeguata verifica da adottare, i soggetti obbligati dovranno inoltre tenere conto:
MISURE SEMPLIFICATE E MISURE RAFFORZATE
In settori a basso rischio, lo Stato membro può consentire l'applicazione di misure semplificate previa ulteriore verifica da parte del soggetto obbligato all'adempimento in relazione alla specifica operazione (5).
Per determinare situazioni a basso rischio, ci si deve basare sugli indicatori individuati nell'allegato II della Direttiva con riferimento:
Osserva - Entro il 26 giugno 2017 le autorità europee di vigilanza AEV, dovranno emanare orientamenti indirizzati alle autorità competenti e ai soggetti obbligati in merito ai fattori di rischio da prendere in considerazione e alle misure da adottare nelle situazioni in cui è opportuna l'applicazione di obblighi semplificati di adeguata verifica, tenendo in particolare considerazione la natura e le dimensioni dell'attività economica.
Relativamente alle misure rafforzate di adeguata verifica, queste sono previste:
Le situazioni potenzialmente ad alto rischio, di cui gli Stati membri e i soggetti obbligati devono tenere conto al fine di stabilire se procedere con l’adeguata verifica con modalità rafforzate, con riferimento alla clientela sono, ad esempio:
In relazione invece all’area geografica, sono ritenuti ad alto rischio:
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(5) Tuttavia gli Stati membri dovranno provvedere affinché i soggetti obbligati effettuino un controllo sufficiente a consentire la rilevazione di operazioni anomale o sospette.
(6) Anche in questo caso, entro il 26 giugno 2017, è prevista l’emanazione, da parte delle Autorità Europee di Vigilanza (AEV), di orientamenti in merito ai fattori di rischio da prendere in considerazione e alle misure da adottare nei casi in cui è richiesta l’applicazione di obblighi rafforzati di adeguata verifica della clientela.
Le persone politicamente esposte (PEP)
Specifiche misure di adeguata verifica sono richieste nell’ipotesi di coinvolgimento di persone politicamente esposte (PEP), la cui definizione è contenuta nell'art. 3 della IV Direttiva.
La Direttiva parifica in particolare le PEP nazionali a quelle straniere, secondo le indicazioni fornite dal GAFI, estendendo le disposizioni in materia di PEP anche ai cittadini residenti in ciascuno degli Stati attuatori.
Riguardo alle operazioni o ai rapporti d'affari con persone politicamente esposte, gli Stati membri prescrivono che i soggetti obbligati, oltre alle misure di adeguata verifica della clientela, rispettino gli obblighi seguenti:
L’art. 3, n. 9, della IV Direttiva definisce una “persona politicamente esposta” una persona fisica che ricopre o ha ricoperto importanti cariche pubbliche comprendenti:
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Le informazioni sul titolare effettivo e il registro centrale
Il titolare effettivo è:
- “quella persona o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedono o controllano il cliente e/o la persona fisica per conto della quale è realizzata un’operazione o un’attività”.
In una società, il titolare effettivo è la persona fisica o le persone fisiche che esercitano il controllo attraverso il possesso, diretto o indiretto, di una percentuale sufficiente di azioni o diritti di voto, ma anche (novità introdotta dalla Direttiva) di “altra partecipazione in detta entità” e anche “tramite azioni al portatore, o attraverso il controllo con altri mezzi”, salvo il caso in cui si tratti di società quotata e sottoposta ad obblighi di comunicazione in conformità al diritto dell’Unione o a standard internazionali equivalenti.
La proprietà diretta è desumibile dalla detenzione, da parte di una persona fisica, del 25% più una quota nel caso di azioni, ovvero da altra partecipazione superiore al 25% del capitale.
La proprietà indiretta, invece, si ravvisa quando la percentuale di azioni del 25% più una quota o altra partecipazione superiore al 25% del capitale sia detenuta da una società, controllata da una o più persone fisiche, ovvero da più società, controllate dalla stessa persona fisica.
Nota bene - È fatto salvo il diritto degli Stati membri di prevedere che una percentuale inferiore possa costituire indicazione di proprietà o di controllo.
Se il controllo non può essere determinato secondo i criteri sopra evidenziati, o nel caso in cui si dubiti che la persona o le persone individuate sia o siano i titolari effettivi, è considerato titolare effettivo la persona fisica o le persone fisiche che occupano una posizione dirigenziale di alto livello.
In caso di trust, fondazioni e istituti giuridici analoghi, sono da considerarsi titolari effettivi:
La maggiore analiticità della nuova disposizione, dovrebbe consentire di superare le difficoltà operative connesse alla corretta identificazione del titolare effettivo tanto nel settore privato che in quello pubblico.
Il registro centrale
Per garantire una maggiore trasparenza e accessibilità del dati relativi al titolare effettivo, è previsto che le relative informazioni siano inserite in un registro centrale (in ogni caso un registro pubblico).
Le caratteristiche del registro dovranno essere notificate alla Commissione, e le informazioni sulla titolarità effettiva, potranno essere raccolte conformemente ai sistemi nazionali, e dovranno essere accessibili:
Tra i registri centrali degli stati membri dovrà essere garantita una interconnessione attraverso una piattaforma centrale europea.
LA CONSERVAZIONE DEI DOCUMENTI
Conformemente a quanto già previsto dalla III Direttiva, la IV Direttiva prevede - art. 40 - un obbligo di conservazione:
Il termine di conservazione può essere innalzato dai singoli stati membri per fini preventivi, ma lo stesso non può superare i 10 anni (7).
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(7) La normativa vigente in Italia impone un termine decennale per la conservazione dei documenti (art. 36, comma 1 Dlgs 231/2007).
LA SEGNALAZIONE DELLE OPERAZIONI SOSPETTE
Nella IV Direttiva, non vi sono particolare novità in merito alla segnalazione di operazioni sospette, il cui obbligo va adempiuto in Italia seguendo le modalità già previste nell'ordinamento. Sulla modalità di segnalazione alle Unità di Informazione Finanziaria, ogni stato membro può designare idonei organi di autoregolamentazione delle professioni come autorità cui trasmettere le segnalazioni in luogo dell'UIF (8).
Osserva – In Italia, ad esempio, i Dottori Commercialisti ed esperti contabili possono trasmettere le segnalazioni di operazioni sospette all'UIF (9) secondo le modalità individuate dal provvedimento della banca d'Italia del 4 maggio 2011.
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(8) Detti organismi non fungono da filtro e non intervengono nella valutazione del contenuto della segnalazione.
(9) L'UIF è l'unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia.
IL SISTEMA DELLE SANZIONI
La IV Direttiva sull'antiriciclaggio presta particolare attenzione al sistema sanzionatorio. Vengono in particolare indicati agli Stati membri una gamma di sanzioni da prevedere per la violazione dei principali obblighi imposti ai soggetti destinatari delle disposizioni in materia di adeguata verifica, conservazione dei documenti, segnalazione e controlli interni.
Il legislatore europeo ha preso atto dell'estrema eterogeneità delle misure sanzionatorie attualmente previste negli Stati membri, il che può pregiudicare le azioni di contrasto. Dunque gli stessi Stati devono individuare le sanzioni da applicare alle violazioni gravi, reiterate o sistematiche relativi agli obblighi previsti (adeguata verifica, segnalazione, conservazione, controlli interni). Nel determinare queste sanzioni, bisogna tenere conto delle differenze dei diversi soggetti obbligati, in particolare tra enti finanziari e soggetti obbligati di altro tipo, in termini di dimensioni, caratteristiche e attività.
Sul piano operativo, di particolare interesse appare la previsione contenuta nel paragrafo 3 dell’art. 58, in virtù della quale nel caso in cui la violazione riguardi obblighi imposti nei confronti di entità giuridiche, la relativa sanzione può essere applicata ai membri dell’organo di gestione o alle altre persone fisiche responsabili della violazione ai sensi del diritto nazionale.
Con riferimento alla quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, rileva l'individuazione di una soglia limite pari almeno al doppio dell'importo dei profitti ricavati a seguito della violazione (se questo può essere determinato), o altrimenti la sanzione è pari almeno a 1.000.000 di euro (art. 59).
Tale soglia aumenta se il soggetto colpito è un ente creditizio o un istituto finanziario, in questo caso la sanzione amministrativa pecuniaria massima applicabile nel caso di entità giuridiche è pari almeno a 5.000.000 di euro, o al 10% del fatturato complessivo annuo, in base agli ultimi bilanci disponibili.
La sanzione massima in caso di persone fisiche è pari almeno a 5.000.000 di euro.
Tali importi possono essere aumentati dalle autorità competenti cui tale facoltà sia stata attribuita dai relativi Stati membri.
Nella determinazione del tipo e del livello di sanzioni, le autorità competenti devono inoltre tenere conto (art. 60) della:
Quadro Normativo |
- Direttiva UE 2015/849 del Parlamento europeo e del consiglio del 20 maggio 2015 - Decreto legislativo n. 231 del 21 novembre 2007 |
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
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