L’automatizzazione del rilascio del certificato di regolarità fiscale per gli appalti (Durf) non sarà attuata a breve. Nel contempo, il certificato deve essere reperito presso gli uffici del territorio.
E’ la risposta fornita dal sottosegretario del Mef, Villarosa, a seguito di interrogazione parlamentare riguardante le tempistiche per il rilascio del nuovo Durf alle imprese.
Altra risposta ha riguardato l’operatività delle nuove lettere d’intento.
La nuova normativa, si ricorda, prevede che i committenti richiedano l’invio da parte di appaltatori e subappaltatori delle deleghe di pagamento delle ritenute fiscali. Il certificato va, poi, presentato dall’appaltatore al proprio committente entro cinque giorni lavorativi dalla scadenza del termine per i versamenti.
Ma per il rilascio del documento occorrono accertamenti complessi da parte degli uffici amministrativi.
Quindi il rischio, si palesa nell’interrogazione posta alla Camera dei Deputati, è che l’Agenzia delle Entrate non riesca ad emettere il certificato nei tempi utili all’azienda. Ciò avrebbe come conseguenza che “se entro la scadenza l’appaltatore è privo del Durf, il cliente per legge deve decurtare dal pagamento il 20% del totale fatturato”.
Pertanto, una idonea procedura telematizzata sarebbe molto utile alle imprese.
Villarosa, in merito, comunica che il processo di attuazione della procedura telematica – che consente di rendere disponibile il certificato nel cassetto fiscale del contribuente – non avrà tempi brevi: gli operatori devono effettuare il riscontro di diverse tipologie di dati, provenienti sia dal sistema informativo dell’anagrafe tributaria, sia dagli agenti della riscossione.
Tale operazione richiederà qualche mese. Si rende noto, però, che l'Agenzia delle entrate ha provveduto, in pochissimo tempo, ad implementare una metodologia che permette agli uffici territoriali di produrre e rilasciare a vista la suddetta certificazione.
Dal 1° gennaio 2020, ai sensi dell’articolo 12-septies del Dl n. 34/2019, è operativa una nuova procedura in materia di gestione delle lettere d’intento. L’esportatore abituale deve predisporre una dichiarazione d’intento da trasmettere telematicamente alle Entrate che, a loro volta, rilasciano una apposita ricevuta contenente un protocollo di ricezione. Gli estremi di tale protocollo vanno indicati da parte del fornitore nella fattura emessa senza applicazione dell’imposta.
Ciò consente all’esportatore abituale di non dover più annotare in apposito registro la lettera d’intenti, né inviarla al fornitore o consegnarla, per le importazioni, alla dogana.
Tale novità, spiega il Mef al question time in commissione Finanze alla Camera, per essere attuata non ha bisogno dell’emanazione del provvedimento apposito (ancora non pubblicato) previsto dal decreto Crescita. Si tratta, infatti, di semplificazioni operative; non viene introdotto nessun obbligo sostanziale.
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