No alla raccolta dei dati relativi all'orientamento sessuale del dipendente pubblico
Pubblicato il 08 ottobre 2014
Il
trattamento dei dati sensibili, la cui legittimità è ancorata, in via generale, alla contestuale presenza del consenso scritto dell'interessato ed alla autorizzazione del Garante Privacy, è consentito,
da parte dei soggetti pubblici, anche in difetto del predetto consenso e della predetta autorizzazione, a
condizione che sussistano: una
rilevante finalità d'interesse pubblico;
un'espressa disposizione di legge che lo autorizzi; una
specificazione legislativa dei tipi di dati trattabili e delle operazioni eseguibili.
Trattamento dei dati e accertamento della responsabilità disciplinare
Con particolare riferimento al
trattamento dei dati effettuato nell'ambito di un rapporto di lavoro al fine dell'
accertamento della responsabilità disciplinare, l'espressa inclusione di tale finalità tra quelle di interesse pubblico non è di per sé sufficiente ad escludere la
necessità del consenso e dell'autorizzazione.
Occorre, infatti, a tal fine, anche l'indicazione dei tipi di dati sensibili che possono essere trattati e delle operazioni eseguibili sugli stessi.
“Supersensibili” i dati relativi alla salute e alla vita sessuale
Inoltre, la particolare natura dei dati sensibili relativi alla salute a alla vita sessuale delle persone, esige, in ragione dei
valori costituzionali posti a loro presidio, una
protezione rafforzata, che trova espressione anche nelle garanzie previste per il trattamento effettuato dai soggetti pubblici.
Sulla scorta di queste considerazioni la Corte di cassazione – sentenza n.
21107 del 7 ottobre 2014 – ha accolto il ricorso presentato dal Garante della Privacy contro la decisione di merito con cui era stato annullato un proprio provvedimento volto a vietare ad una Provincia l'ulteriore trattamento dei dati sessuali di una dipendente.
La pubblica amministrazione, in particolare, aveva promosso un
procedimento disciplinare nei confronti di quest'ultima dopo che, giunta una comunicazione anonima con cui si segnalava l'esercizio dell'attività di escort della dipendente, aveva proceduto ad una
verifica mediante accesso ai siti web indicati.