No alla presunzione automatica di distribuzione di utili occulti ai soci. Servono prove
Pubblicato il 11 giugno 2012
A seguito di alcuni avvisi di accertamento emessi dall’Amministrazione finanziaria nei confronti di una Srl a ristretta base azionaria, dopo la constatazione da parte della Guardia di finanza di ricavi in nero non contabilizzati dalla società, gli atti sono stati impugnati prima dinanzi alla Ctp e poi in Commissione regionale, dove oltre alla richiesta di riforma della sentenza di primo grado è stato proposto il ridimensionamento dei maggiori ricavi quantificati a causa della non considerazione di tutti i costi effettivamente sostenuti.
Con
sentenza n. 19/5/12 del 17 aprile 2012, la Ctr Puglia ha respinto il ricorso proposto dalla società recando come motivazione la vaghezza delle prove addotte sui maggiori costi sostenuti, mentre ha accolto le rimostranze dei due soci.
Per i giudici pugliesi, infatti, le motivazioni poste a base degli accertamenti emessi nei confronti dei due soci – il vincolo familiare e la ristretta base azionaria – non potevano essere accolte, essendo di fatto generiche e non riscontrabili nel caso di specie. Pertanto, l’esistenza di utili occulti accertati in capo ad una società non fa scattare immediatamente la prova inconfutabile che gli stessi siano stati riscossi da parte dei soci solo perché quest’ultimi sono legati alla società da vincoli familiari o perché sono in numero esiguo.
Dunque, nelle società di capitali a ristretta base azionaria non esiste una presunzione automatica di distribuzione degli utili in nero in capo ai soci. Se l’Amministrazione finanziaria vuole imputare ai soci i maggiori redditi imponibili accertati non può farlo sulla base di una presunzione semplice, derivante da altre presunzioni e senza l’ausilio di ulteriori prove: per l’imputazioni ai soci di Srl, Spa e Sapa della maggiore quota di reddito societario accertato è necessario prima provarne la reale percezione con prove gravi, precise e concordanti.