Una normativa nazionale che, da un lato, non consenta all’avvocato ed al proprio cliente di pattuire un onorario d’importo inferiore al minimo stabilito dal regolamento adottato da un’organizzazione di categoria dell’ordine forense – a pena di procedimento disciplinare per il legale – e che, dall’altro, non autorizzi il giudice a disporre la rifusione degli onorari d’importo inferiore al minimo, è contraria al diritto Ue, in quanto idonea a restringere la concorrenza nel mercato interno ai sensi dell’art. 101 par. 1 TFUE. Spetta al giudice del rinvio, in tal caso, verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità applicative, risponda effettivamente ad obiettivi legittimi e se le restrizioni così stabilite siano limitate a quanto necessario per garantire l’attuazione di detti obiettivi.
E’ questo il principio enunciato dalla Corte di giustizia europea, Sezione prima, pronunciandosi in via pregiudiziale circa l’interpretazione degli artt. 56 e 101 TFUE, nonché della direttiva 77/249/CEE del 22 marzo 1977, intesa a facilitare l’effettivo esercizio della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati. La Corte veniva interpellata dal Tribunale di Sofia (Bulgaria) in occasione di una controversia tra due società, avente ad oggetto domande di ingiunzione di pagamento relative alla rifusione di onorari di avvocato ed alla retribuzione di un consulente giuridico.
Secondo gli euro giudici, in particolare, l’organismo rappresentativo in questione (il Consiglio superiore dell’ordine forense) non agiva come emanazione della pubblica autorità, ossia, ai fini dell’interesse generale, sotto l’effettivo controllo e potere decisionale dello Stato. Una siffatta organizzazione, pertanto, ai fini dell’adozione di regolamenti diretti alla fissazione di importi minimi degli onorari, va considerata al pari di un’associazione di imprese ex art. 101 TFUE.
Ne deriva, al riguardo, che la determinazione degli importi minimi degli onorari d’avvocato, resi obbligatori dalla normativa nazionale, impedendo di fatto ad altri prestatori di servizi giuridici di fissare tariffe inferiori a tali importi, equivale alla determinazione orizzontale di tariffe minime imposte (con conseguente restrizione della concorrenza).
Nella medesima pronuncia – resa il 23 novembre 2017, nelle cause riunite C 427/16 e C 428/16 - la Corte di giustizia è altresì chiamata a pronunciarsi sull’interpretazione della direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto. A tal proposito sancisce che una normativa nazionale, come quella nella specie censurata, in forza della quale l’imposta sul valore aggiunto costituisce parte integrante degli onorari d’avvocato registrati, è contraria alla suindicata direttiva, qualora produca l’effetto di un doppio assoggettamento ad Iva degli onorari medesimi.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".