Con sentenza n. 38364 depositata il 22 settembre 2015, la Corte di Cassazione, terza sezione penale, ha respinto il ricorso di un imputato, condannato per aver coltivato, senza autorizzazione ed all'interno del cortile di casa sua, complessivamente quindici piante di marijuana.
La Cassazione, nel respingere la censura della difesa, ha operato un ampio excursus dei vari orientamenti giurisprudenziali in materia, per giungere alla conclusione secondo cui, costituisce condotta penalmente rilevante, qualsiasi attività non autorizzata – come per l'appunto nel caso di specie – di coltivazioni di piante dalle quali siano estraibili sostanze stupefacenti, anche quando sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale.
Ai fini della rilevanza penale del fatto, infatti, non conta la distinzione tra coltivazione tecnico agraria e domestica, posto che l'attività in sè, in difetto delle prescritte autorizzazioni, è da ritenersi potenzialmente diffusiva della sostanza drogante.
Né può trovare applicazione nel caso in esame – ha proseguito la Corte – il neo introdotto art. 131 bis c.p. quale causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
L'elemento ostativo, infatti – a detta della Suprema Corte – sta nell'aver l'imputato commesso più reati della stessa indole, anche se ciascuno, isolatamente considerato, sia risultato di particolare tenuità. Trattasi ovvero di reati aventi ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.
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