Il conducente non è esonerato da colpa per guida in stato di ebbrezza, se detto stato deriva dall'assunzione di farmaci che aumentano il livello di alcool nel sangue.
E' quanto dedotto dalla Corte di Cassazione, quarta sezione penale, con sentenza n. 36887 depositata l'11 settembre 2015, nel respingere il ricorso di un conducente avverso la pronuncia che lo riteneva responsabile per guida in stato di ebbrezza, con conseguente sospensione della patente.
A propria discolpa, il ricorrente adduceva di non aver assunto alcolici, bensì, farmaci in grado di aumentare il livello ematico di alcool.
Nel respingere la censura, la Cassazione ha affermato che, in tema di guida in stato di ebbrezza, l'esito positivo dell'alcoltest costituisce prova certa della sussistenza di detto stato ed è pertanto onere dell'imputato provare il contrario, dimostrando, ad esempio, vizi od errori di strumentazione o nel metodo di esecuzione dell'aspirazione.
Ora, nel caso di specie – ha precisato la Corte – l'imputato aveva dato semplicemente atto (mediante perizia medica) del fatto che il farmaco assunto avrebbe potuto alterare l'esito del test, in quanto idoneo ad aumentare il livello di alcool nel sangue, espulso mediante espirazione. Ma ciò non provava tuttavia che il rilevato tasso alcolemico fosse dipeso dall'assunzione del farmaco, o piuttosto, da altro.
In ogni caso – proseguono i giudici di legittimità – neanche la circostanza dell'assunzione del farmaco poteva avere alcun rilievo, posto che trattasi, nel caso di specie, di reato colposo, in relazione al quale sarebbe comunque spettato al conducente, prima di mettersi alla guida, accertarsi circa la compatibilità del medicinale con la circolazione stradale.
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